Il cancro è, secondo Biava, un difetto di informazione a livello cellulare e centrale. Ripristinando i corretti segnali è possibile invertire il processo degenerativo?
Articolo tratto dal N° 92 – L’Altra Medicina
INTRODUZIONE
In un articolo pubblicato nel 1988 su Cancer Letter da me e dai miei collaboratori dell’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Trieste assieme a ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, veniva fin dalle premesse descritto che i tumori fossero patologie reversibili, sulla base di osservazioni scientifiche che dimostravano come fattori del microambiente embrionario fossero in grado di riprogrammare le cellule tumorali, riconducendole a un comportamento normale. Dopo quel primo lavoro i miei studi sono continuati nel tempo con la collaborazione di diversi Istituti Universitari si italiani, sia di altri paesi. Queste ricerche sono state portate avanti per un periodo abbastanza lungo senza suscitare interesse nella comunità scientifica, in quanto la maggior parte dei ricercatori e degli oncologi rivolgevano la loro attenzione e le loro ricerche nel mappare il DNA e individuare i singoli geni che potevano essere importanti come cause dei tumori.
Nel frattempo le mie ricerche, in un arco sufficiente lungo di tempo, avevano permesso di individuare i vari meccanismi molecolari con cui i fattori di differenziazione delle cellule staminali normali, prelevati dall’embrione di Zebrafish (era stato scelto detto embrione perché esso è il modello più studiato del differenziamento embrionario) fossero in grado di differenziare o di condurre alla morte cellulare programmata le cellule tumorali. Non solo, ma erano state individuate da quali sostanze fossero costituiti tali fattori ed erano state identificate, con gas cromatografia- spettrometria di massa, le singole molecole che entrano nella composizione dei diversi network differenziativi: si tratta per la maggior parte di proteine e di acidi nucleici che hanno un ruolo importante nella regolazione delle funzioni dei mitocondri, nel controllo del sistema immunitario e nella comunicazione fra cellule; insomma sono proteine fondamentali per tutto il metabolismo cellulare.
LO STUDIO SISTEMATICO DEL CODICE ORGANIZZA LA VITA: IL CODICE EPIGENETICO
Questi studi avevano permesso di capire che quello che veniva studiato era il codice che oggi è definito “epigenetico“, ovvero il codice che nel momento in cui la vita si forma è presente nella sua totalità nell’embrione, mentre negli individui adulti esso è suddiviso nei vari organi e apparati e in ciascun organo si trova quella parte di codice epigenetico che serve per regolare l’espressione genica delle cellule presenti in uno specifico organo. A quel punto, però, una volta completato il differenziamento cellulare, non è più possibile studiare tutte le diverse funzioni di tale codice. Allorché all’inizio di questo secolo, dopo che la sequenziazione di tutti i geni del DNA era terminata e si era capito che il codice genetico, su cui si erano basate tutte le speranze di poter cambiare i destini delle cellule, da solo non sapeva fare assolutamente nulla (funziona come un hard disk di un computer che deve essere programmato) anche la comunità scientifica internazionale ha iniziato a rivolgere l’attenzione altrove. Così l’attenzione dei ricercatori, oltre che sul codice genetico, si è spostata sul codice epigenetico. A questo punto i miei studi erano già abbastanza avanzati e avevano permesso di capire che l’utilizzo in modo specifico e selettivo di detto codice epigenetico era in grado di determinare il destino delle cellule staminali normali e patologiche: si trattava di un vero e proprio codice di regolazione dell’espressione genica.
LE ATTIVITÀ DI REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA OPERATE DAL CODICE EPIGENETICO
Intanto è stata individuata una frazione del codice epigenetico, che si è rivelata in grado di mantenere attivi in modo naturale, senza manipolazioni genetiche, i geni staminali in grado di impedire l’invecchiamento cellulare (si tratta degli stessi geni che Shinya Yamanaka, che nel 2012 aveva vinto il Nobel, aveva introdotto in modo artificiale con un retrovirus in una cellula differenziata, la quale però non può essere utilizzata senza rischi proprio a causa delle manipolazioni subite: nelle ricerche effettuate in collaborazione con l’Istituto di Biologia Molecolare dell’Università di Bologna diretto dal Professor Carlo Ventura le cellule rimangono giovani senza subire manipolazioni, proprio sulla base di una regolazione fisiologica dei geni staminali).
Infine si è dimostrato che una ridondanza di fattori del codice epigenetico è in grado di impedire in modo molto significativo la degenerazione delle cellule nervose (ciò avviene perché inizialmente la ridondanza di fattori, ovvero di tutti i fattori presenti dall’inizio alla fine del processo di differenziazione, dapprima espande il numero di cellule staminali e poi le differenzia nel tessuto specifico).
Gli studi sono ancora in corso per capire sempre meglio come il codice epigenetico, che è il vero e proprio codice che dà origine alla vita, sia in grado di riparare i tessuti e quindi di poter essere usato in medicina rigenerativa, in particolare nelle patologie in cui si richiede il trapianto di cellule staminali. Detti regolatori epigenetici possono infatti potenziare gli effetti positivi legati al trapianto di cellule staminali e in futuro probabilmente di sostituirsi al trapianto stesso, considerato che è stato dimostrato che gli effetti benefici del trapianto di cellule staminali non sono dovuti alle cellule trapiantate, ma ai fattori che esse producono.
UN CAMBIO RADICALE DEL PARADIGMA SCIENTIFICO
Alla fine di questi studi quello che è risultato chiaro è che la vita si organizza sulla base di programmi informativi che forniscono, alla stregua di applicazioni, pacchetti di istruzioni precise: queste sono unità inscindibili, che non sono utilizzate se vengono frammentate. D’altra parte la ricerca più attuale e moderna ha dimostrato come questi fattori di regolazione sono trasferiti alle cellule come pacchetti informativi diversi, contenuti in vescicole, chiamate esosomi, che hanno come target cellule specifiche, in base ai contenuti informativi, ovvero ai fattori di regolazione specifici, che essi trasportano. In pratica, l’informazione trasportata contiene anche l’indirizzo a cui queste informazione deve essere trasferita. Si è arrivati così a un cambio di paradigma scientifico, come sottolineato dal Professor Ervin Laszlo, Presidente del Club di Budapest e Filosofo della Scienza e della Teoria dei Sistemi, il quale ha sottolineato come le ricerche presentate abbiano comportato un diverso modo di pensare, che sposta il baricentro della visione della biologia e della medicina da un paradigma meccanicistico, dove l’uomo e il vivente sono visti come aggregati meccanici su cui si può intervenire in modo artificiale per cambiarne il comportamento, a una visione sistemica che vede il vivente come una rete informativa che va regolata in modo fine e fisiologico. La medicina sta andando incontro al cambiamento che ha già subito la fisica, che da una visione meccanicistica è passata alla fisica dei quanti e della relatività.
Pier Mario Biava
Medico del lavoro. Studia da parecchi anni il rapporto fra cancro e differenziazione cellulare
Pier Mario Biava
Medico del lavoro. Studia da parecchi anni il rapporto fra cancro e differenziazione cellulare