Il termine farmaco deriva dal greco ϕάρμακον, che vuol dire “rimedio, cura”, ma anche “veleno”. Non esiste farmaco, infatti, che non abbia effetti collaterali anche gravi. Anche il paracetamolo, più noto agli italiani con il nome di “tachipirina”, può essere decisamente pericoloso e tossico in caso di sovraddosaggio: il rischio è che inibisca le capacità del fegato di purificare il sangue, portando addirittura all’epatite fulminante, con esiti fatali.
I soggetti affetti da favismo (carenza di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi) o chi soffre di anemia emolitica devono usare il paracetamolo con estrema cautela. Stessa regola vale per tutti quei pazienti che hanno una funzionalità del fegato che varia dall’insufficienza lieve (anche la sindrome di Gilbert) a quella grave, o in coloro che hanno un’epatite. Perché in questi casi il sovradosaggio può essere fatale: l’avvelenamento da paracetamolo è la seconda causa di trapianto di fegato in tutto il mondo e la più comune negli Stati Uniti dove, leggendo i dati pubblicati nel 2018, è responsabile di 56.000 visite al pronto soccorso e di 500 morti l’anno. Nel Regno Unito, invece, è responsabile di un numero di decessi che oscilla tra 150 e 250 l’anno, che si verificano in pazienti che si sono presentati in ospedale troppo tardi a seguito di una dose eccessiva.
I numeri in Italia
Un dato significativo ce lo fornisce il Centro Antiveleni dell’ospedale Niguarda: ogni anno registra mediamente 18.000 sovradosaggi da farmaci. Nelle relazioni stilate nel 2014 e nel 2015 (questa l’ultima disponibile) l’avvelenamento da paracetamolo risulta essere il primo nella lista dei farmaci coinvolti negli errori di somministrazione, con rispettivamente 1329 e 1279 casi. E in più della metà dei casi si trattava di bambini sotto i 6 anni di età.
Un dato parziale ma che comunque assume sfumature preoccupanti. Troppo spesso si eccede con il paracetamolo perché utilizzato come antifebbrile e antidolorifico generico di tutti i dolori (addominali, mestruali, ossei, influenzali eccetera), considerando che in commercio esistono decine di formulazioni diverse che contengono paracetamolo (da solo o associato ad altri farmaci) e che chi è in preda al dolore può assumere tre o quattro farmaci con nomi diversi ma tutti contenenti paracetamolo.
Paracetamolo: le dosi consigliate
Negli adulti 325–650 mg per via orale ogni 4-6 h, con un massimo di 4 gr al giorno. Ma la posologia andrebbe modificata in tutti i casi di malnutrizione, di digiuno e in presenza di malattie epatiche croniche, che causano la riduzione delle riserve di glutatione e ovviamente aumentano il rischio di epatotossicità. Questo rischio aumenta moltissimo se c’è di mezzo anche il consumo di alcol o di alcuni farmaci. In uno studio condotto su oltre 6.000 pazienti con danno epatico da paracetamolo, farmaci per il colesterolo (fibrati e statine), antiinfiammatori (FANS) e alcool erano associati a una maggiore incidenza di decessi. In questi pazienti – soprattutto in quelli a elevato rischio di epatotossicità – non andrebbero mai superati i 2 gr al giorno.
Nei bambini le dosi sono ovviamente diverse: la dose raccomandata è di 10-15 mg per ogni kg di peso ogni 4–6 ore, con una dose massima giornaliera di 50–75 mg per kg di peso nell’intera giornata.
Abuso di farmaci
Rara ma potenzialmente mortale, la tossicità da paracetamolo è un problema comune a molte nazioni, principalmente perché questo farmaco è ampiamente disponibile per l’acquisto senza prescrizione medica e perché “si ha la percezione” che sia molto sicuro.
Siamo convinti che esista un rimedio (una pillola, una supposta, una puntura) per ogni malanno, e che questi rimedi siano privi di nocività. Purtroppo le cose non stanno così. La conferma arriva da una recente revisione (settembre 2017) del Comitato per la Valutazione dei Rischi in Farmacovigilanza (P.R.A.C.) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (E.M.A.), che ha bocciato la commercializzazione del paracetamolo “a rilascio modificato”. E anni prima era stata la FDA Americana a imporre ai produttori di farmaci USA confezioni con non più di 325 mg di paracetamolo a compressa.
Senza andare oltreoceano, è notizia recente che in Francia l’A.N.S.M. (Agenzia nazionale per la sicurezza dei medicinali e dei prodotti sanitari) obbligherà le case farmaceutiche ad aggiungere sulle confezioni un messaggio di alert: “Sovradosaggio=pericolo. Il superamento della dose può distruggere il fegato”. Un po’ come sui pacchetti di sigarette. .
La notizia della presa di posizione europea o di quella francese potrebbe apparire come un fulmine a ciel sereno, e potrebbe essere sfuggita ai milioni di italiani che il paracetamolo lo usa giornalmente come “panacea” per la maggior parte dei malanni più comuni. Compito del medico è modificare questa percezione distorta, spiegando ai pazienti che un farmaco dolorifico come il paracetamolo (e come i FANS) è efficace per spegnere il sintomo “dolore” senza intervenire sulla causa. A chi abusa di farmaci sintomatici dovrebbe quindi ricordare che è soltanto identificando la causa del dolore che la si può curare, e che la mancata identificazione porta al suo cronicizzarsi, rendendo sempre più difficile la cura.
Tratto da un articolo di Gabriele Prinzi, medico chirurgo fitoterapeuta, sul numero 96 de L’Altra Medicina (giugno 2020), acquistabile online e in edicola.