La medicina di segnale interpreta i sintomi in primo luogo come tentativo (magari disfunzionale) di correzione di qualcosa che non va. La via per la guarigione non passa dalla soppressione farmacologica del sintomo ma dalla comprensione delle cause scatenanti, spesso legate a un sovraccarico di tossine e allergeni.
di LUCA SPECIANI
LA PELLE CI PARLA
Quando la pelle esprime una qualche alterazione (dermatite, eczema, arrossamenti, bolle, orticaria) il primo pensiero che abbiamo è quello di rimuovere l’antiestetico sintomo. Ci dimentichiamo però troppo spesso che la pelle è uno dei nostri principali organi
emuntori, dopo fegato e reni, per ripulire il nostro organismo da sovraccarichi di ogni genere. In campo allergologico si deve già a Margaret Profet, nel lontano 1991 (“The function of allergy: immunological defense against toxins” – Q Rev Biol 66) l’interpretazione delle allergie come estremo tentativo di difesa, nel quale la tosse, la diarrea, una dermatite, una rinite o una forte produzione di muco non sono altro che estremi
tentativi di difesa nei confronti di tossine accumulate delle quali non riusciamo a liberarci. Le considerazioni della Profet dunque ci mostrano un sistema immunitario amico, alleato, non un nemico da sopprimere. E sulla stessa linea si innesta il “danger model” di Polly Matzinger (“The danger model: a renewed sense of self” – Science 296) che definisce che le cellule del sistema immunitario non siano deputate solo a riconoscere sostanze estranee. La loro funzione più importante è quella di creare tolleranza verso le sostanze che ci possono fare bene e di reagire invece nei confronti di quelle che ci possono fare male. In questo processo è coinvolta anche la memoria di specie, che ci fornisce già un primo indirizzo verso ciò che è buono e ciò che non lo è, tuttavia con ampi margini legati all’esperienza: dove è stato registrato come pericoloso un alimento, il sistema immunitario reagirà in modo alterato (per esempio con sintomi da sensitivity) se non avrà avuto il tempo o il modo di creare tolleranza. È su questa esperienza, talvolta distorta dalle nostre abitudini alimentari alterate da mismatch evolutivo, che il medico di segnale può lavorare con eccellenti risultati.
UNA CITTADINA “INTOSSICATA”
Qualche metafora potrà aiutarci a meglio comprendere il fenomeno. Immaginiamo una ridente cittadina, dalle strade pulite, che produce una giusta quantità di rifiuti. Ogni giorno passano gli addetti della nettezza urbana e rimuovono la spazzatura. Le strade restano
così sempre pulite. Perché ogni tanto la spazzatura si accumula? Vi possono essere due cause: o il sistema di rimozione non funziona più tanto bene, o la quantità di rifiuti
accumulata eccede la capacità di smaltimento del sistema. In entrambi i casi si accumula spazzatura. Mentre tuttavia le nostre malgovernate città reali possono accumulare spazzatura quasi all’infinito, non così succede nel nostro organismo, che deve
infatti escogitare dei metodi alternativi per liberarsene in qualche modo. Uno dei metodi potrebbe per esempio essere quello di passare nelle vie con degli idranti per spazzare via, insieme con l’acqua, tutti i rifiuti. Un altro sistema potrebbe essere quello di sovrastimolare
gli addetti della nettezza urbana (il sistema immunitario) reclutando nuovi operatori. Un altro ancora quello di sottoporli a turni massacranti. In tutti questi esempi, comunque, il metodo “straordinario” utilizzato per rimuovere l’accumulo di spazzatura, genera dei sintomi non necessariamente gradevoli, il cui scopo è sostanzialmente quello di
eliminare l’accumulo che si è creato. Le risposte all’accumulo, in accordo con le teorie
della Profet, sono dunque risposte di espulsione, di eliminazione. L’idrante che spazza via i rifiuti può essere una diarrea, o una salva di starnuti, una rinite, un’iperproduzione di muco (sinusite, asma, riduzione capacità polmonare), una nausea prevomito, o ancora una dermatite, un’acne severa, un’orticaria. Altre volte il corpo cerca di aumentare la velocità di rimozione interna, con febbre, vasocostrizioni/vasodilatazioni (mal di testa), superlavoro epatico e renale. È importante riconoscere in tutti questi sintomi
dei tentativi di eliminazione e non delle patologie a sé stanti, perché se si trattano questi sintomi con farmaci soppressivi della reazione (antipiretici, anti diarroici, antiemetici, analgesici, antistaminici, cortisonici) tutto ciò che si otterrà sarà una cronicizzazione
del problema e, potenzialmente, un approfondimento dei sintomi.
LE CAUSE DEL SOVRACCARICO
Il sovraccarico può dipendere da molte cause. Per esempio da sostanze tossiche (pesticidi negli alimenti, nitriti dei salumi, tossine batteriche, metalli pesanti) ma anche da semplici sovraccarichi alimentari, frequenti in coloro che mangiano sempre le stesse cose (latticini, glutine, cioccolato e pomodori, prodotti da forno): in quest’ultimo caso si
parla di “food sensitivity”, problema di accumulo a scoppio ritardato, diverso dall’allergia immediata. La sintomatologia delle sensitivities è molto varia e del tutto sovrapponibile con quella delle allergie immediate: gonfiori post-prandiali, eritemi, riniti, tosse, pruriti, asma, stipsi o diarrea, infiammazione, cistiti/uretriti, candidosi, emicranie, reflusso, dispepsie, crampi e via elencando. La pelle è uno dei primi organi ad essere interessato dal fenomeno, che dunque è importante interpretare in modo corretto per non cadere nella tentazione della soppressione antistaminica o cortisonica. Le informazioni sulle sensitivities dovranno infatti essere inserite all’interno del paradigma della medicina di segnale, che ci dice che ogni reazione dell’organismo ha prima di tutto un significato
difensivo, e come tale va compresa, rispettata ed eventualmente reindirizzata.
GUARIRE DAVVERO
Sfatiamo un mito: dalle sensitivities si può guarire. E se affrontiamo correttamente un problema di pelle, possiamo risolverlo per sempre. Recuperare appieno la tolleranza immunologica verso il cibo e verso l’ambiente è possibile. Questo obiettivo deve essere raggiunto gradualmente, con una corretta impostazione dietetica che permetta all’organismo di riconoscere come amici gli alimenti che mangiamo tutti i giorni.
Un neonato è per definizione allergico a tutti i cibi, con l’eccezione del latte materno. Con l’inizio dello svezzamento, un passo alla volta (in accordo con il “Danger model” della Matzinger) il bambino impara a tollerare ogni alimento e alla fine di questo periodo
di adattamento impara a utilizzare tutti i cibi come fonte di energia per il suo sviluppo. Allo stesso modo anche l’adulto può rieducare il proprio sistema immunitario verso la tolleranza immunologica. I medici di segnale utilizzano il questionario anamnestico QuASA per l’identificazione dei sovraccarichi alimentari. È un test semplice, non invasivo, alla portata di tutti. Una volta identificate le eventuali allergie alimentari ritardate si imposterà uno schema che rispecchi in tutto e per tutto lo svezzamento infantile, alternando giorni di consumo e giorni di non consumo degli alimenti sospetti. Una dieta di sola eliminazione, invece, rischia di accentuare la reazione immunologica, soprattutto se si dovessero reintrodurre senza prudenza i cibi a cui si è più sensibili. L’impostazione di una dieta per il recupero della tolleranza immunologica deve sempre prevedere nella settimana dei giorni di reintroduzione. Ad esempio nelle prime 2-3 settimane si prevederanno come
giorni liberi solo il mercoledì e la domenica. Passate queste prime settimane si procederà aumentando gradualmente il numero dei giorni liberi. Mantenuto questo schema per un mese o due si passerà, per un periodo più lungo, a soli due-tre giorni di dieta la
settimana. Questa fase è importante per stabilizzare i progressi fatti fino a quel momento. Come nello svezzamento infantile, per rieducare il sistema immunitario sono necessari 8-10 mesi. La rieducazione verso la tolleranza dovrà essere quindi molto graduale. Una metafora che utilizziamo spesso con i nostri pazienti è quella del bimbo che sta imparando a entrare in acqua. Fa un piccolo passo alla volta, e se nessuno lo disturba dopo mezz’ora sguazzerà
felice con gli altri bimbi. Ma se quando ha immerso le sole caviglie arriva uno zio burlone (il giorno libero) che lo spinge in acqua con forza, possiamo stare certi che il bimbo starà a riva per i successivi due giorni. E il suo “svezzamento” dall’acqua si allontanerà.
Solo comprendendo ogni patologia all’interno del proprio significato si può pensare ad una guarigione piena e duratura.
N° 137 – luglio 2024 L’Altra Medicina