Gut microbiota e leaky gut

Tra le patologie che affliggono il nostro apparato digerente è sempre più diffusa la “sindrome dell’intestino colabrodo” o leaky gut syndrome. Analizzare in quale misura tale problema possa essere generato da squilibri alimentari e disbiosi è un passo importante per capire come prevenirlo e curarlo.

di GUIDO MARINI

DIETA E MICROBIOTA INTESTINALE

Le nostre strategie alimentari variano a seconda delle epoche e delle tendenze. Con oltre 85.000 pasti nella vita, il contenuto dei nostri piatti influenza chiaramente il nostro microbiota intestinale e la nostra salute. Questa è l’occasione per rivedere le ultime conoscenze in questo campo. “Mangiare per vivere, non vivere per mangiare”. Questa famosa citazione è attribuita a Socrate e utilizzata da Molière nell’Avaro per avvertire dell’importanza di non passare la maggior parte del tempo a mangiare. Quattro secoli dopo questa citazione è ancora attuale nel campo della nutrizione. Proprio nel bel mezzo di una pandemia di sovrappeso, obesità e diabete mellito, con il contemporaneo aumento di patologie cardiovascolari e cancro, seguire un modello alimentare è diventato una vera
ossessione con la comparsa di moltissime proposte dietetiche. Oggi il termine dieta è spesso associato a quello di perdere peso deviando dal suo originale significato greco δίαιτα, dìaita, «stile di vita». Sappiamo che la dieta ha un’influenza significativa
sull’ecosistema intestinale, sul tempo di transito, e che è fondamentalmente per la composizione del microbiota. Anche se questa composizione è fortemente influenzata fin dalla nascita da numerosi fattori come il tipo di nascita (parto cesareo o vaginale), l’allattamento o meno al seno, la genetica dell’ospite e le caratteristiche immunologiche, la
dieta resta un fattore chiave.

Dalla nascita, la dieta influenza lo sviluppo del microbiota intestinale che si stabilizza intorno ai 3 anni. Va notato che il microbiota intestinale ha comunque una base comune in tutti gli individui ed alcuni batteri predominanti (Bacteroides, Prevotella e Ruminococcus) permettono soltanto di discernere tre enterotipi. Sappiamo anche che il microbiota intestinale soddisfa funzioni fisiologiche essenziali per l’ospite ma che è
coinvolto anche nell’insorgenza di numerose malattie.

SINDROME DELL’INTESTINO GOCCIOLANTE

La scoperta della “sindrome dell’intestino gocciolante”, alla base di molte intolleranze, allergie e sensibilità, riconosce la propria origine in un cedimento strutturale della barriera intestinale, ossia dell’interfaccia più efficiente, selettiva ed estesa tra l’organismo e l’ambiente esterno, che da un lato regola le dinamiche di transito e dunque garantisce il fisiologico assorbimento di acqua, elettroliti e nutrienti, e dall’altro gioca un ruolo determinante nei delicati meccanismi di difesa dell’organismo. Stress ambientali, malattie infiammatorie da alimenti, consumo eccessivo di zuccheri raffinati, alimenti processati, conservanti, farine raffinate, scarsi apporti di frutta e verdura, uso continuo di
farmaci diversi tra i quali soprattutto antidolorifici o gastroprotettori e/o antiacidi, irritano la mucosa intestinale, riducono la produzione dello strato di muco protettivo che riveste le cellule intestinali e indeboliscono l’adesione delle cellule costituenti la barriera intestinale, tra loro collegate per il tramite delle cosiddette “giunzioni serrate” o tight junctions.
Ciò permette il passaggio indiscriminato di frammenti non digeriti di proteine o di metaboliti dei batteri intestinali o di tossine e/o altri allergeni, direttamente dall’intestino nel circolo sanguigno. Tali sostanze vengono riconosciute come estranee dalle cellule del sistema immunitario, soprattutto linfociti B e T, che cercano di avversarle in quanto sostanze “non autorizzate a tale transito” e, dunque, potenzialmente pericolose. Si avvia, così, la produzione di citochine infiammatorie o anticorpi “anomali”, con conseguente induzione di processi autoimmuni che possono avere come bersaglio
principale non solo le cellule della stessa barriera intestinale, ma anche cellule appartenenti ad altri organi o distretti corporei. L’infiammazione sistemica e il conseguente stress
continuativo del sistema immunitario sono l’anticamera per lo sviluppo di patologie cronico-degenerative, invecchiamento cellulare precoce, fino al cancro.

LEAKY GUT – COME INTERVENIRE

Per intervenire in questa situazione possiamo usare dei corretti probiotici o meglio ancora SCFA (acido butirrico) o HMO che vanno a ripristinare il film mucoso. Ma la cosa più importante è ridurre il carico infiammatorio legato ad una scorretta alimentazione eliminando zuccheri, farine raffinate, grassi idrogenati, additivi e conservanti alimentari che spesso si trovano negli alimenti confezionati. Va inoltre posta molta attenzione all’uso inappropriato di molti farmaci come antibiotici, FANS, e inibitori di pompa protonica (gastroprotettori). Oggi sappiamo con certezza che le alterazioni della composizione e/o della qualità del microbiota intestinale sono associate a
numerose patologie che includono certamente l’obesità, le sindromi metaboliche e cardiovascolari, l’asma, patologie autoimmuni e, sulla base di evidenze scientifiche sempre più stringenti, anche l’autismo e i disordini inclusi nel suo spettro. Il tutto spiegato dalle alterazioni dell’asse intestino cervello.

Il sintomo della pancia gonfia o l’aumento di peso apparentemente inspiegabile, ad esempio, o anche le problematiche digestive spesso confuse con il reflusso gastroesofageo, spesso risultano essere fenomeni legati ad alterazioni della barriera intestinale e/o a quadri di disbiosi più o meno marcati. Spesso troviamo in questi casi una disbiosi di tipo
fermentativo che interessa soprattutto l’intestino tenue dove i batteri intestinali iniziano a produrre diversi metaboliti, alcuni dei quali in grado di generare disturbi clinici anche di una certa rilevanza che talvolta sembrano simulare, ad esempio, un reflusso gastroesofageo. Ne consegue che, in un paziente portatore di una simile condizione, la terapia con il classico protettore gastrico potrà non sortire benefìci significativi in quanto la patologia, tutt’altro che gastrica, consegue alla compromissione di un ambito intestinale fortemente popolato da batteri fermentativi, produttori di metaboliti estremamente irritanti che, risalendo verso l’alto, determinano fenomeni di irritazione faringea, raucedine,
alitosi, difficoltà a deglutire, senso di bocca amara, talvolta tachicardia.

DIAGNOSI DI UN LEAKY GUT

Oggi possiamo diagnosticare facilmente un leaky gut andando a studiare sia sulle feci che sul sangue molti marker di tale patologia quali, calprotectina, occludina, zonulina, caderina. Pertanto, in caso di documentata alterazione della permeabilità
gastrointestinale, sarà possibile migliorare il quadro clinico complessivo modulando opportunamente la composizione della dieta nel rispetto delle necessità nutrizionali
di base del paziente in esame. Se poi, oltre alle turbe della permeabilità, dovesse essere riscontrata anche una condizione di alterata composizione quali-quantitativa della flora batterica intestinale, grandi vantaggi potranno essere tratti da terapie probiotiche somministrate con efficacia dopo scelte opportunamente selezionate sulla base delle specifiche esigenze del singolo soggetto in esame.

Producendo un’ampia varietà di enzimi il microbiota intestinale degrada il complesso dei polisaccaridi provenienti dalle fibre contenute nella frutta, verdure o cereali altrimenti per noi indigeribili. Questa attività nell’ileo e colon porta alla produzione di acidi grassi a corta catena (SCFA) e contribuisce, tra gli altri, al metabolismo energetico. Il butirrato è quindi la principale fonte di energia dei colonociti. Queste trasformazioni successive degli alimenti portano anche al rilascio di sostanze come l’acido ferulico e suoi derivati con azione antiossidante e proprietà antinfiammatorie protettive per il cancro del colon.
Tuttavia la produzione di metaboliti da parte di questi batteri può avere effetti nocivi anche sulla salute dell’ospite. Ad esempio il microbiota intestinale gioca un ruolo decisivo nello sviluppo dell’obesità e le sue comorbidità come la malattia del fegato grasso, e fermentando i carboidrati nel colon influenza la cinetica dello svuotamento gastrico causando vari sintomi clinici come in alcune sindromi dispeptiche comunemente osservati nella sindrome dell’intestino irritabile (IBS).

Le sostanze nutritive possono essere classificate in gruppi di macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) e micronutrienti (vitamine, minerali e oligoelementi).
Le prime descrizioni dell’effetto dei macronutrienti sulla composizione del microbiota
intestinale, risalgono agli anni ’70. Esaminiamole per sommi capi.

CARBOIDRATI

I carboidrati sono macronutrienti, il cui effetto sul microbiota è stato senza dubbio studiato in modo più approfondito e si dividono in digeribili e non digeribili. I carboidrati digeribili includono glucosio, fruttosio, saccarosio, lattosio e dolcificanti artificiali e sono metabolizzati nell’intestino tenue. Glucosio, fruttosio, saccarosio e lattosio favoriscono
la proliferazione di bifidobatteri ma limitano quella di Bacteroidetes. Alcuni effetti del lattosio rimangono controversi ma è considerato un irritante intestinale. I dolcificanti artificiali riducono la popolazione di Lattobacilli (in particolare saccarina, sucralosio e
aspartame) con conseguente disbiosi che si ritiene essere coinvolta nell’esordio della intolleranza al glucosio. I carboidrati non digeribili, il cui consumo produce effetti fisiologici benefici, sono anche classificati come fibre funzionali e sono costituenti delle fibre alimentari. Le fibre funzionali, come l’inulina, sono già utilizzate per favorire la riduzione del contenuto di zucchero e grassi negli alimenti e nelle bevande. Questo tipo di carboidrati gioca un ruolo chiave nello sviluppo e nella diversificazione del microbiota
intestinale ed il consumo di alimenti ricchi di carboidrati non digeribili è stato associato ad
effetti benefici sul sistema immunitario e metabolico con una riduzione della secrezione di IL-6, un aumento nella secrezione di IL-10 antinfiammatoria e il miglioramento dell’insulino resistenza. La degradazione di questi carboidrati non digeribili
richiede batteri con un arsenale enzimatico specifico come ad esempio Ruminococcus bromii o alcuni membri della famiglia Lachnospiraceae, rispettivamente specializzate nella scomposizione dell’amido, della cellulosa e della crusca di frumento.

PROTEINE

Stimiamo la quantità di proteine che arrivano nel colon al giorno tra 12 e 18 grammi.
Diversamente da quella dei carboidrati la degradazione delle proteine da parte dei batteri intestinali porta ad una maggiore varietà di metaboliti, alcuni dei quali sono potenzialmente tossici per il padrone di casa. Oltre alla produzione di SCFA, la fermentazione delle proteine consente la sintesi di catene ramificate, acidi grassi (BCFA), ammoniaca, fenoli, indoli,
ammine e zolfo. Gli studi eseguiti hanno mostrato una correlazione tra ii consumo di proteine e diversificazione del microbiota, tuttavia in proporzioni diverse e con
conseguenze diverse a seconda del tipo di proteine. E’ stato dimostrato, ad esempio che il consumo di siero di latte e piselli ha aumentato la presenza di bifidobatteri e lattobacilli, allo stesso modo il consumo di proteine animali ha aumentato quello del generi Bacteroides, Alistipes e Bilophila.

GRASSI

Anche se i grassi vengono assorbiti essenzialmente nell’intestino tenue, da 5 a 8 grammi arrivano comunque nel colon, e questa cifra può anche essere aumentata in alcune malattie come insufficienza pancreatica, colestasi, ecc.. Gli effetti dei grassi sul microbiota intestinale sono stati studiati recentemente a seguito di una ricerca condotta sull’obesità. In topi esposti a una dieta ricca di grassi è stato dimostrato un impoverimento del microbiota intestinale con una notevole riduzione di Lactobacillus intestinalis.
Non tutti i tipi di grassi hanno gli stessi effetti sul microbiota intestinale. Devkota et al. hanno dimostrato nei topi, che una dieta ricca di grassi saturi incoraggiava la diffusione di Bilophila wadsworthia, un agente proinfiammatorio che non è stato osservato con gli acidi grassi insaturi. Questi risultati sono stati in parte confermati in un
altro studio sui topi che ha confrontato gli effetti dello strutto a quelli dell’olio di pesce, e che hanno registrato un aumento in Bacteroides e Bilophila nel gruppo dello strutto e di Bifidobacterium, Adlercreutzia, Lactobacillus, Streptococcus e Akkermansia muciniphila nel gruppo dell’olio di pesce. Inoltre nei i topi nutriti con strutto vi è un aumento dell’attivazione del recettore Toll-like, che è un recettore coinvolto nella risposta infiammatoria e nella riduzione della sensibilità all’insulina rispetto ai topi nutriti con l’olio di pesce. Una dieta ricca di grassi saturi ha portato ad un aumento della permeabilità intestinale (leaky gut syndrom), ma fortunatamente questi i risultati erano reversibili in caso di consumo o produzione endogena di omega-3.

POLIFENOLI

I polifenoli sono fitomicronutrienti presenti nella frutta, semi, verdure, tè, cacao e vino, e conosciuti per le loro proprietà antiossidanti. Il loro consumo si ritiene sia associato all’arricchimento del microbiota in Bifidobacterium, Lactobacillus ed in Bacteroides con uso moderato di vino rosso. Si pensa anche che siano in grado di ridurre la
crescita e l’adesione dell’intestino di alcuni batteri patogeni, come ad esempio Staphylococcus aureus o Salmonella typhimurium. Gli effetti dei nutrienti sulla composizione del microbiota, e probabilmente sulla sua attività, sono diversi in funzione della dieta utilizzata. E’ interessante osservare come i diversi tipi di alimentazione
influenzano il microbiota intestinale.

DIETA ONNIVORA OCCIDENTALE

Si tratta di abitudini alimentari generali che variano in funzione della regione, delle stagioni o dei gusti. Rappresentano essenzialmente una dieta occidentale o western diet. Ricca di proteine animali, di grassi saturi, di carboidrati raffinati, edulcoranti, additivi alimentari e coloranti e povera di fibre, la dieta occidentale è stata associata ad una riduzione nella diversità del microbiota intestinale dominato dal genere Bacteroides e riduzione di batteri benefici del genere Bifidobacterium, Eubacterium o Prevotella.
Clinicamente è stato associata a numerose malattie tipiche del mondo occidentale ma che ormai con la globalizzazione esportate in tutto il mondo con danni incalcolabili, con incremento esponenziale di malattie cardiometaboliche tra cui disturbi autoimmuni e cancro
che sono la vera pandemia di oggi. Al contrario, la dieta mediterranea è considerata
una dieta benefica essendo diversa dalla dieta occidentale poiché contiene più alimenti vegetali, acidi grassi polinsaturi, polifenoli. Oggi sappiamo che la dieta mediterranea si è molto allontanata da quella che era all’origine ed oggi si è ridotta all’uso di farine raffinate, uso sconsiderato di zuccheri (pasta e pane bianco, pizza, dolciumi…) che
sono talvolta perfino messi alla base della piramide alimentare.

DIETE VEGETARIANE

Questa è una pratica alimentare ancestrale che consiste fondamentalmente nel non mangiare carne (rossa e bianca), pesce e frutti di mare. Esistono alcune varianti vegane che non consentono neppure latticini e uova. Al contrario, altri seguono linee guida più rilassate come il semi vegetarianesimo che significa che frutti di mare e pollame sono ammessi. Il veganesimo esclude invece tutti i prodotti di origine animale, compreso il miele. A mio avviso la Dieta di Segnale con un uso quotidiano ad ogni pasto di proteine, carboidrati complessi e fibre, senza spuntini, evitando picchi glicemici e di conseguenza insulinemici, è quella che si approccia in miglior modo ad ottenere un sano microbiota.
Dobbiamo anche considerare tutte le food sensitivities per poter ruotare i cibi e ottenere una riduzione della infiammazione cronica silente che è la madre di tutte le malattie.
La dieta, abbinata all’attività motoria costante e quotidiana, insieme alla gestione dello stress, dovrebbero essere la nostra medicina primaria. Mangiare bene fa bene al nostro microbiota intestinale e alla nostra salute.

Articolo nel N° 136 – giugno 2024 L’Altra Medicina