Editoriale: Quando il gioco si fa duro
Un articolo/inchiesta
Il quarto numero della nuova gestione affidata a me e ai medici e ai professionisti della Medicina di Segnale è caratterizzato da un’inchiesta
L’articolo va a descrivere e scoperchiare un mondo di falsificazioni scientifiche a mio modo di vedere inaccettabile in un consesso civile.
Ne parliamo in dettaglio in questo numero, riprendendo i timidi accenni apparsi sulla stampa nazionale, che ne hanno parlato prevalentemente via web.
La notizia non è di quelle che possono passare in dodicesima pagina o su un trafiletto sulle edizioni telematiche:
un gruppo di ricercatori, in qualche modo afferente ai maggiori istituti di ricerca nazionali e finanziati da enti privati di grande notorietà sono stati colti con le mani nel sacco a falsificare gli esiti dei lavori svolti nei loro istituti.
Fin qui, dirà chi legge, tutto normale. In qualunque sistema esiste qualche mela marcia, ed è compito del sistema stesso individuarla ed eliminarla.
Qui però non si trattava di “qualche” mela marcia, ma di un intero sistema organizzato per aggirare i risultati negativi e, come per magia, trasformarli in positivi.
Un trucchetto di cui evidentemente qualcuno, ad alto livello, doveva essersi reso conto visto che le testimonianze parlano di una società specializzata in modifiche con Photoshop a cui numerosi ricercatori si rivolgevano.
I dettagli li vediamo nelle pagine che seguono, e serviranno (spero) a scandalizzarci, ma qui vorrei chiarire qualche punto che mi sembra non debba essere tralasciato.
Quei ricercatori non stavano testando la maggiore o minore bontà di qualche lecca-lecca. Stavano valutando l’efficacia di diversi chemioterapici, i farmaci ancora maggiormente in uso contro i tumori.
Cioè farmaci dalla cui maggiore o minore efficacia dipende il fatto che una vita venga salvata o meno.
Vita o morte
Se pensiamo che spesso il discrimine nell’uso di un chemioterapico oncologico (farmaci, tra l’altro, costosissimi, il cui intero importo grava sulla comunità) è legato a lievi differenze tra i pesanti effetti collaterali tipici di questa classe di farmaci e la loro efficacia nel rallentare la crescita tumorale, non possiamo che rabbrividire.
Da quanto tempo funzionava questo “sistema”?
Quante migliaia, o forse milioni, di pazienti, sono stati trattati con chemioterapici inutili o dannosi grazie a ricerche contraffatte o modificate ad uso e consumo dell’azienda produttrice?
Quante persone, ad ogni livello, hanno chiuso gli occhi davanti a questo “sistema” per non perdere il posto o per non deludere le aspettative dei finanziatori?
Stiamo parlando di migliaia e migliaia di morti, di pazienti che potevano invece avere dei farmaci più efficaci per curare il loro tumore, ma che a causa di questi lavori contraffatti (peraltro poi pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche mondiali) hanno ricevuto un trattamento inutile o addirittura dannoso.
Non stiamo parlando di noccioline, ma di vita e di morte. Di qualcuno che potrebbe essere nostro padre, nostro figlio, il nostro partner. Mentre qualcun altro incassava la cambiale miliardaria relativa a questi farmaci dal costo incredibilmente alto.
Nessuno ha mai colpa
Chi è più colpevole?
L’azienda che esercitava pressioni lasciando intendere che o i risultati erano positivi o i finanziamenti finivano?
Il docente o il primario che per desiderio di carriera chiudeva entrambi gli occhi sull’orribile realtà della quale era a capo?
O il singolo ricercatore cui serviva quel successo e quel posto per pagare il mutuo dell’appartamentino testé acquistato?
La discussione sul web ha fatto emergere posizioni per me inaccettabili.
Scuse di ogni tipo e ad ogni livello:
“Va bene, ma non cambiava nulla… a noi l’esperimento non riusciva, ma in realtà negli USA era già riuscito… dunque il nostro esito non modificava le cose”.
Altri erano più modesti:
“Eh, bisogna capirli… i ricercatori hanno delle borse di studio miserelle… se due-tre esperimenti di fila non riescono c’è il rischio di essere rimossi…”.
“Gli inviti a corsi e congressi erano riservati solo ai migliori ricercatori… quelli che trovavano ciò che si voleva venisse trovato…”.
E allora diciamo che la colpa non è di nessuno, mentre qualcuno ne raccoglie i frutti miliardari facendo morire la gente mentre vomita, senza unghie e senza capelli (effetti collaterali classici dei chemioterapici)?
Davvero la “Scienza” è sempre così affidabile da far pensare a qualche politico-scienziato di poter imporre le risultanze di queste ricerche corrotte all’intera popolazione con l’arroganza e la prevaricazione? Che sia giunto il momento di cominciare a difenderci attivamente dai soprusi perpetrati a danno nostro e dei nostri figli?
Libro denuncia
Un libro di grande spessore, ricco di dati scientifici, di documenti e di atti giudiziari, è “Medicine letali e criminalità organizzata” di Peter Goetzsche (uno dei medici fondatori della Cochrane collaboration), in cui l’autore, sulla base di 400 pagine di documenti ufficiali indiscutibili, afferma che la criminalità organizzata uccide molto meno rispetto all’industria farmaceutica, se si contano i morti provocati da condotte illegali documentate per l’approvazione, la sperimentazione e la messa in commercio di farmaci e dispositivi medicali.
È un libro da leggere seduti comodi, senza fretta, riflettendo su ogni parola.
Non occorre fare di ogni erba un fascio ma serve riflettere su come possa dormire ogni notte nel suo letto un manager di quelli citati nel libro e coinvolti in alcune manipolazioni scientifiche e in alcune delle azioni penalmente rilevanti ivi descritte, con migliaia di morti, di invalidi, di malati sulla coscienza.
Si godrà pure lunghe vacanze in isole meravigliose, forse, ma se c’è una giustizia fuori da questo mondo, sono certo che gli “uomini neri” di Ghost faranno festa, quando verrà la loro ora.
Riformare per sopravvivere
Vi è un altro libro che tratta questi argomenti in forma di romanzo, ed è il mio recente “Il medico che scelse di morire”, in cui di fronte ad un sistema sanitario degenerato come quello attuale (in cui i conflitti di interesse ad ogni livello tra aziende, politici, giornalisti, medici e società scientifiche, impediscono una pratica medica sana e rivolta alla salute del paziente), vengono proposte delle soluzioni alternative.
Tali soluzioni devono tuttavia riguardare ogni parte del sistema.
A partire dalla formazione del medico in Università, fino alla riforma della medicina di base, ripulendo ogni elemento da conflitti d’interesse e da spinte economiche di ogni genere e tipo.
Poteva essere un saggio (ne ho scritti tanti, su medicina, alimentazione, sport) ma ho scelto la via del romanzo perché volevo che il lettore toccasse con mano, immedesimandosene, tutte le storture del sistema sanitario attuale.
Perché troppe volte, quando parlo di queste cose con amici e conoscenti che pure mi conoscono e stimano, rilevo incredulità e sottovalutazione del problema.
Una volta letto il libro, però, vedo che l’opinione è diventata più consapevole e critica.
Qualcosa era sfuggito, e grazie al libro ora si è maggiormente fissato.
Il Direttore Luca Speciani