Editoriale: DIFFUSIONI VIRALI: RINFRESCHIAMOCI LA MEMORIA
Anche quest’anno stiamo assistendo a una nuova “epidemia”, dopo le precedenti edizioni del 2002 (Sars), del 2005 (aviaria, H5N1) e del 2009 (suina, H1N1), che avevano per qualche mese allarmato i sistemi sanitari di mezzo mondo.
Ripercorriamo, con l’aiuto de Il Giornale (una testata presa a caso), qualche momento storico che ha preceduto quello attuale:
“Sars
Nel 2002 è arrivata la Sars. La polmonite asiatica che ha monopolizzato i tg di tutto il mondo.
In Italia la paura fu ingigantita dalla morte di Carlo Urbani, il virologo che aveva scoperto il virus e ne era rimasto contagiato pochi mesi prima.
Alla fine la Sars ha colpito soltanto il Sudest asiatico e il Canada, registrando 8 mila casi di contagio e 880 morti.
Del suo passaggio resta solo una ricca rendita dei produttori di mascherine.
Della Sars oggi non c’è più traccia: il virus è tornato nel suo habitat naturale perché ha perso le caratteristiche aggressive.
Aviaria
Appena tre anni dopo l’allarme ritorna in tutto il mondo, con il nome tecnico di H5N1.
L’influenza aviaria, la febbre dei polli, era pronta a irrompere in tutto il pianeta e a fare, secondo l’Oms «almeno un milione di morti».
In realtà i decessi si sono fermati a 369, a dispetto degli esperti che l’avevano paragonata alla Spagnola del 1918 o all’Asiatica del ’57-’58.
Nel frattempo, solo in Italia sono state stoccate 40 milioni di dosi di antivirali mentre gli Usa hanno acquistato 192 milioni di dollari di Tamiflu (un farmaco antivirale NDR).
L’aviaria, però, rimane tuttora un grosso problema di carattere veterinario e nessuno esclude che il virus, presente in modo ancora così massiccio negli animali, possa trasmettersi all’uomo e diventare così altamente infettivo.
Suina
Il virus H1N1 per l’Oms doveva scatenare la prima pandemia del ventunesimo secolo.
È scoppiato nel 2009 con i primi focolai in Messico e ha causato circa 18 mila morti accertate e ha contagiato 482 mila persone.
Ma non c’è stato nulla di drammatico se non i 229 milioni di dosi di vaccini negli Usa mandati al macero.
Del resto, il numero delle vittime è risibile rispetto a quello che miete l’influenza invernale, che ogni anno uccide tra 250 mila e 500 mila persone nel mondo.
Il virus H1N1 ora è stato inglobato nel normale vaccino antinfluenzale e non fa più paura a nessuno.”
All’epoca l’emergere di queste patologie virali era stata seguita da non poche polemiche.
In particolare durante l’epidemia di aviaria erano emerse manovre molto poco chiare per la commercializzazione di un urgentissimo vaccino: per procurarselo diversi governi avevano accettato di firmare contratti capestro con l’industria farmaceutica che prevedevano il pagamento di cifre altissime senza alcuna garanzia.
La fine che fece quel vaccino la ricordiamo tutti: denaro buttato nella spazzatura, che si cercò in qualche modo di riciclare per l’influenza ordinaria dell’anno successivo.
Quel denaro sarebbe servito a fare molte cose più utili, come prevenzione, formazione ai medici, assistenza agli anziani, ricerca. Andò tutto sprecato.
Ma non fu un caso: all’epoca tutti i giornali sembravano impazziti.
La morte di un pappagallo nel Kurdistan veniva riportata in prima pagina su tutti i quotidiani, a ricordarci che l’infezione stava forse “passando” dagli uccelli all’uomo.
Stava. Forse.
Intanto l’Oms dichiarava, con insolito tempismo, lo stato di emergenza grave (diversi membri dell’Oms furono poi inquisiti per questa azione immotivata e ingiustificata).
La gente sembrava impazzita: ricordo persone comuni che andavano in Inghilterra ad acquistare centinaia di confezioni di Tamiflu, un antivirale (Oseltamivir) diventato introvabile in Italia per le enormi richieste, che un’attenta campagna di marketing aveva suggerito come efficace per contrastare l’aviaria.
Oggi i dati scientifici ci spiegano che si trattava di una bufala.
Che il Tamiflu non migliora in alcun modo la prognosi né le complicanze di chi abbia preso un virus influenzale, come riportato da un’autorevole review a cura della Cochrane collaboration apparsa su British Medical Journal nell’aprile 2014.
Nello studio il gruppo della Cochrane ha presentato i risultati della sua analisi, secondo i quali il Tamiflu ridurrebbe la durata dei sintomi influenzali solo di mezza giornata rispetto al placebo, da sette giorni a sei e mezzo.
Nessuna prova di efficacia nel prevenire la diffusione dell’aviaria, né effetti di riduzione delle complicanze gravi, come la polmonite, o del numero di ricoveri ospedalieri.
In sostanza, la molecola sarebbe inutile e tutti i soldi spesi dai vari governi per accaparrarsi scorte del medicinale totalmente sprecati, secondo la Cochrane.
Basti pensare che grazie alla vendita del farmaco a un prezzo tra i 35 e i 70 euro a scatola (in base al Paese e alla richiesta), la multinazionale svizzera ha fatturato, solo nel 2009, qualcosa come 2,64 miliardi di euro.
Un paio di mesi di follia collettiva sapientemente guidata, insomma, che fecero passare all’incasso alcune primarie aziende farmaceutiche e al salasso alcune decine di milioni di cittadini, tutti noi inclusi.
Vale la pena ricordare come all’epoca l’immunologo Fernando Aiuti, uomo di grande valore e competenza (tutti ricordiamo il suo bacio pubblico a una donna malata di Aids per dimostrare che per quella via non vi era rischio di contagio) fosse schierato con il governo e con le sue scelte.
Poco più di un anno fa Fernando Aiuti si è “suicidato” in ospedale dove si era recato per un controllo, in modo inatteso.
Forse era stato richiesto il suo supporto per dichiarazioni su vaccini o epidemie che non condivideva?
Scrive Wikipedia:
“Nel 2007, mentre dirigeva uno dei centri coinvolti nella sperimentazione del cosiddetto vaccino italiano contro l’Aids, denunciò irregolarità nella ricerca.
La responsabile Barbara Ensoli, sostenuta legalmente dall’ISS, querelò Aiuti, chiedendo anche un risarcimento di 2,5 milioni di euro.
Solo a fine 2012 Aiuti vinse la causa.
Aiuti è deceduto il 9 gennaio 2019 al Policlinico Gemelli di Roma, dove era ricoverato per una cardiopatia ischemica, all’età di 83 anni, cadendo in una tromba di scale.”
Ciascuno tragga le conclusioni che ritiene opportune.
Nel medical thriller Il medico che scelse di morire ho descritto una situazione non lontana da questa, prima che succedesse, ma una cosa è certa: di fronte a fatturati miliardari, la vita umana (quella di uno scienziato o quella di migliaia di possibili vittime di un virus “scappato” da un laboratorio) vale meno di zero.
Scrive in merito alle recenti epidemie Il fatto quotidiano:
“Prima l’allarme per l’influenza aviaria, poi quello per l’influenza suina.
In mezzo, quasi 500 milioni di sterline spesi per comprare scorte di Tamiflu, un farmaco che ora un gruppo di scienziati indipendenti giudica ‘inefficace’.
Nel Regno Unito a finire sul banco degli imputati è stato il medicinale prodotto dalla Roche, comprato dal governo in enormi quantità anche su indicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità e ritenuto, appunto, inutile dal gruppo di medici indipendenti Cochrane Collaboration, con forti legami con l’Università di Oxford e privo di scopi di lucro.
Pubblicato sul British Medical Journal, lo studio del gruppo conclude che il medicinale taglierebbe soltanto il tempo di degenza da sette a poco più di sei giorni, senza nemmeno ridurre il numero dei ricorsi alle cure ospedaliere.
Il dipartimento della Salute britannico ne comprò 40 milioni di dosi e lo prescrisse a 200 mila persone.
E nel 2009, anno della suina, l’acquisto del Tamiflu rappresentò lo 0,5% del budget totale del servizio sanitario nazionale britannico.
Già alcuni anni fa fu messa in dubbio l’efficacia del medicinale e se ne occupò persino il parlamento britannico…
Nel 2009 l’azienda parlò di riduzione delle complicanze, come polmonite, bronchite e sinusite.
‘Non è vero’, dice ora il gruppo Cochrane e dalla sua, appunto, l’autorevole Università di Oxford.
Con un’ombra in più, come la campagna mediatica giapponese che ricollegò l’uso del medicinale a episodi psicotici in chi lo assume.
Secondo il gruppo, inoltre, il medicinale non sarebbe molto meglio dei normali farmaci da banco per la cura dei sintomi influenzali.
‘Noi non lo prescriveremmo assolutamente ai nostri pazienti’, hanno detto medici e scienziati che hanno effettuato la ricerca.
Il governo britannico cominciò ad accumulare riserve di Tamiflu nel 2006, in seguito all’esplosione dell’influenza aviaria e dopo l’approvazione del National institute of health and clinical excellence.
Avendo il nome commerciale di Tamiflu, appunto, l’Oseltamivir è stato brevettato dal 1997 al 2001 dalla Gilead Sciences, che lo ha poi venduto alla Roche, trattendendo dei diritti sulla vendita del medicinale.
Donald Rumsfeld – segretario della Difesa degli Stati Uniti dal 1975 al 1977 e successivamente dal 2001 al 2006 – è stato presidente della Gilead Sciences dal 1997 al 2001.”
Vogliamo pensare che le aziende che hanno guadagnato da quella follia abbiano fatto tutto da sole? No di sicuro.
Per muovere un carrozzone come quello dell’aviaria servono innumerevoli complicità: istituzionali, politiche, giornalistiche, scientifiche.
E un buon grado di umana arroganza e stupidità.
Perché ricordare questi sgradevoli fatti (che peraltro, vale la pena notarlo, nessun giornale o rivista recentemente ci ricorda)?
Perché avere memoria degli errori passati dovrebbe aiutarci a non ripeterli, e invece periodicamente ci ricadiamo, come polli.
In questo momento siamo nel pieno del ciclone Coronavirus con una complicazione in più: che questa nuova variante virale sembra sia stata creata in un laboratorio cinese che stava lavorando a una variante più aggressiva del virus della Sars.
Per quale motivo, mi chiedo io? Come strumento di guerra chimica? Per venderlo al miglior offerente che magari voglia lanciare un nuovo farmaco o vaccino antivirale? Non sarebbe ora di fermare con leggi internazionali chiare e responsabilizzanti questi apprendisti stregoni? Da quel laboratorio il virus è “inavvertitamente sfuggito” (e lì mi vedo una scenetta tipica da laboratorio, con due ricercatori che stanno prendendo i panini per la pausa pranzo, e uno chiede all’altro: “scusa, dove hai poi messo quella provetta che ti ho dato poco fa? Aahhh!”).
Siamo al ridicolo. E ci sarebbe davvero da ridere se non ci fossero di mezzo tanto morti, tanti danni all’economia e infiniti denari spesi che avrebbero potuto utilmente essere destinati ad altri scopi.
Staremo a vedere come si evolverà questa volta la “pandemia”, e quali protagonisti “commerciali” emergeranno a svuotare le nostre tasche attraverso il panico generale procurato da stampa e istituzioni.
Il ministero della salute comunque si è mosso e ha già diramato attraverso gli ordini provinciali un comunicato, prudente, in cui segnala che il Coronavirus cinese è del tutto diverso, e più pericoloso, rispetto al normale virus influenzale in diffusione in questi giorni. Comunque, scrive il ministero, meglio fare lo stesso la vaccinazione antinfluenzale base, che non si sa mai.
E certo se fossero veri i dati riportati dall’ex ministro Beatrice Lorenzin secondo cui in Italia l’influenza miete 8000 morti all’anno, il Coronavirus sarebbe una bazzecola.
Il punto qui è un po’ più delicato, e richiede un momento di approfondimento.
Perché nessuno tra i miei amici, conoscenti o pazienti mi dice mai “sa, mio padre è morto d’influenza”.
Perché tutti sanno, senza ombra di dubbio, che la causa è il diabete sottostante, l’ipertensione, lo scompenso cardiaco, la broncopneumopatia, la crisi renale, la demenza senile, l’abuso di farmaci, il cancro, il prolungato trattamento immunosoppressivo.
L’influenza rappresenta solo la goccia che fa traboccare il vaso, e senza dubbio tali pazienti fragili e debilitati devono essere protetti in ogni possibile modo, vaccino incluso, ma da lì a incolpare l’influenza come causa prima per il loro decesso ci vuole una discreta faccia tosta.
O qualche interesse sottostante.
In questo numero
abbiamo voluto inserire un articolo di particolare interesse a firma Marcello Monsellato (un medico coraggioso che ha dovuto subire nella sua vita violenti attacchi giornalistici “guidati dall’alto” privi di qualsiasi fondamento) dedicato al concetto di malattia come strumento di guarigione.
Un concetto nuovo e antico allo stesso tempo, che richiede però un maggiore rispetto del proprio corpo e una lettura dei sintomi attenta ai tentativi di pulizia e detossificazione messi in atto, con ancestrale saggezza, dal nostro organismo.
Ecco dunque un modo diverso di vedere l’influenza e i suoi sintomi (febbre, tosse, catarro, diarrea, vomito): non come un’offesa dall’esterno da parte di un virus cattivaccio quanto piuttosto un momento di pulizia richiesto da un organismo intossicato, che sfrutta la “complicità” di un altro organismo per liberarsi dalla zavorra accumulata nei mesi invernali e dagli stravizi delle festività.
Quando l’approccio invece è quello di mangiare ciò che ci pare quando ci pare, in completa sedentarietà, stressati da lavoro e impegni, gonfiandoci di antipiretici e poi di antibiotici per tornare quanto prima a lavorare, il farmaco rappresenterà forse l’unica soluzione, ma non si otterrà nessuna pulizia e nessuna detossificazione.
Curare il terreno e non il virus o il batterio significa fare medicina di segnale (o medicina funzionale, Omeosinergia, psiconeuroendocrinoimmunologia, medicina integrata, medicina naturale o come ci piace chiamarla secondo le diverse sfumature applicate).
Che è ciò che cerchiamo di fare ogni giorno, liberi da condizionamenti e da sudditanze di ogni genere e tipo.
E a proposito di interferenti endocrini e di condizionamenti industriali
godetevi lo speciale di questo mese dedicato ai pesticidi, che è stato siglato da sei diversi collaboratori e che cerca di sensibilizzare le persone a una maggiore consapevolezza verso i danni della chimica che ogni giorno, volenti o nolenti, mettiamo nel nostro piatto.
Ancora una volta interessi miliardari impediscono di mettere fuorilegge decine di sostanze chimiche anticrittogamiche, insetticide, acaricide, diserbanti, che vengono irrorate ogni giorno sui cibi che mangiamo in quantità enormi che vanno ad aumentare il carico di sostanze tossiche da cui ogni giorno dobbiamo difenderci.
Invertire la rotta richiederà un impegno sia individuale che politico, per cambiare la cultura in campo, che considera nulli i diritti di chi non desidera essere avvelenato.
Leggiamo, informiamoci e magari incominciamo a difenderci attraverso la petizione indicata.
Ma ancora non basta.
Da questo numero inizia la collaborazione con Alberto Donzelli,
figura prestigiosa della medicina italiana, già membro del consiglio superiore di sanità e da anni impegnato nella lotta contro l’abuso di farmaci e di trattamenti non giustificati alla luce della scienza.
Il primo articolo, di cui apprezzerete la chiarezza scientifica, sarà proprio dedicato all’abuso di farmaci negli anziani.
Non sempre infatti le “indicazioni di uso comune” sui farmaci hanno corrispondenza con solide basi scientifiche.
Alberto Donzelli ci aiuterà a evidenziare eventuali incongruenze, smascherando farmaci e trattamenti talvolta inutili, in un percorso utile a tutti i medici per “sbagliare” il meno possibile nelle prescrizioni.
Prosegue poi il progetto coassociativo dell’Ampas (medici di segnale)
con altre associazioni ed enti che ne condividano il pensiero.
Ci occupiamo poi di alimentazione, di diete, di cosmesi, di gastroenterologia (con una mini-inchiesta sui gastroprotettori), di naturopatia, di fisioterapia e di molto altro, tra cui la nuova rubrica “A lezione di spesa” in cui analizzeremo caso per caso i mille piccoli imbrogli in cui possiamo cadere se non impariamo a leggere bene le etichette.
Un numero bello ricco, insomma, ma non certo meno di quelli che lo hanno preceduto e che lo seguiranno.
State con noi e sosteneteci abbonandovi e regalando abbonamenti: il divertimento è appena incominciato.
Il Direttore Luca Speciani