Dal 1945 nel mondo è sorta una nuova causa di malattie gravi e di decessi: gli effetti collaterali dei farmaci, che ora sono al terzo posto in classifica, dopo le malattie cardiovascolari e i tumori, e secondo gli studi più recenti ed accreditati, tra 20 anni, saranno in vetta alla classifica.
Frastornati da facili soluzioni, bombardati da messaggi mediatici di immediate guarigioni, ammaliati dall’istant satisfaction, caratteristicamente americana, i farmaci, veri protagonisti della nostra era, sono diventati una equivoca “soluzione di pronto effetto”. In realtà viene seppellita sotto una valanga di pillole la capacità risanatrice dell’essere umano, la sua reattività.
Il modello medico corrente, resistendo pervicacemente al cambiamento, misconosce e sottovaluta l’origine sistemica delle malattie, medicalizza i fattori di rischio, trasforma in “malate” persone asintomatiche, promuovendo ed agevolando così il trattamento con farmaci, sancendo il fallimento della prevenzione e, contemporaneamente, il predominio delle terapie brevettabili, che cioè garantiscono un profitto. Basti pensare all’ultima messa all’erta di Allen Frances, clinico statunitense tra i massimi esperti in materia, sulle conseguenze sconvolgenti della inclinazione in atto all’“inflazione diagnostica” di malattie psichiatriche, con conseguenti trattamenti con psicofarmaci ingiustificati e/o inadeguati.
Ignorando tra l’altro che, se per un pavimento sempre bagnato tutti continuano solo “a comprare” stracci e secchi, cosa ipotizzate farebbero i produttori di stracci e secchi a quell’ingenuo e sventurato che si permettesse di affermare: “Gli stracci e i secchi servono a ben poco, chiudiamo il rubinetto!”
L’abuso di medicinali ci ha strappato il diritto di essere attori e protagonisti della nostra salute. Noi siamo semplicemente il palco di un teatro dove si snoda il nostro vissuto quotidiano, dove attiriamo l’interprete di volta in volta più adeguato a rivelare ciò che proviamo, le tensioni, le contraddizioni, le emozioni che sono dentro di noi.
Le malattie sono solo “battaglie” di chi si ribella al proprio progetto, alla propria originalità: sono il tentativo intrapreso dalla vita di adattarsi a condizioni nuove e pertanto l’interesse va spostato dalla sofferenza alle risorse innate che possono guarirci, richiamando la nostra attenzione su noi stessi.
Trovi l’articolo completo del dott. Luigi Marcello Monsellato sul numero 118 de L’altra medicina.