Il grasso non si deposita sempre nelle stesso modo. Basta guardarsi intorno: uomini e donne si distinguono per una diversa distribuzione della massa adiposa. Questa differenza è fisiologica perché la forma corporea è legata al rapporto tra ormoni sessuali maschili (androgeni) e femminili (estrogeni).
Nelle donne in età fertile, si ritiene che gli estrogeni causino il deposito di grasso su cosce, glutei e fianchi. Si parla in questo caso di adiposità o conformazione “a pera” dove l’accumulo di grasso è relegato nel sottocutaneo. Quando le donne raggiungono la menopausa e diminuiscono gli estrogeni, i grassi migrano da queste zone alla pancia. Per gli uomini, invece, la distribuzione del grasso è prevalente nella parte alta dell’addome, la cosiddetta pancetta, che quando è molto evidente dà la conformazione cosiddetta “a mela”. Qui, però, la distribuzione del grasso è viscerale o profonda.
La percezione del grasso: com’è cambiata nel tempo
Anticamente, il grasso corporeo femminile era indice di bellezza e di uno status sociale elevato. Lo dimostrano le statuette trovate nelle camere funerarie sotto i templi costruiti a Malta tra il 3500 e il 2500 a.C: secondo gli archeologi, le forme morbide e rotonde sottolineano sia lo status altolocato della persona sepolta sia il desiderio di avere una vita felice nell’oltretomba, priva di ristrettezze alimentari. Essere una donna grassa era status symbol anche tra le indiane di alta casta, e questo nel XIX secolo e nello stesso periodo, fino al Novecento, in Turchia le donne erano sottoposte a cure ingrassanti per renderle più desiderabili secondo il canone di bellezza locale.
In Occidente, invece, già dall’Ottocento si inizia a inquadrare l’obesità come un problema di salute. Nel 1947 il medico internista francese Jean Vague definisce per primo le caratteristiche visibili (fenotipi) dell’obesità umana; dieci anni dopo riporta che l’adiposità “androide” o maschile e viscerale (rispetto a quella ginoide), tanto nel maschio quanto nella femmina, si associa ad aterosclerosi, diabete e gotta, suggerendo che l’obesità viscerale predispone a disordini cardiovascolari e glicemici.
Come valutare il tipo di obesità
Per valutare il tipo di obesità basta misurare la circonferenza vita nel suo punto più stretto, servendosi del classico metro da sarto. Si parla così di obesità viscerale (o addominale profonda) se la circonferenza vita è superiore a 102 cm nell’uomo e superiore a 88 cm nella donna. Questo parametro si differenzia dal BMI (body mass index) che rivela solo la quantità totale di grasso, senza dare informazioni più precise sull’obesità viscerale.
Oggi si parla di sindrome metabolica, dove l’obesità addominale è fra i requisiti fondamentali per la diagnosi, e che non è di per sé una patologia ma una combinazione di fattori di rischio legati a condizioni che aumentano la possibilità di sviluppare malattie cerebro e cardiovascolari e diabete. La sindrome metabolica presenta un rischio due volte maggiore di sviluppare malattie cardiache e cinque volte maggiore di sviluppare il diabete.
Anche se le persone che soffrono di questa sindrome spesso non presentano sintomi, è importante prestare attenzione ai diversi fattori di rischio, come obesità addominale, ipertensione, resistenza all’insulina, elevati livelli di trigliceridi nel sangue, bassi livelli di colesterolo Hdl. In Italia si stima che circa il 25% della popolazione soffra di obesità viscerale, e pare che il dato tenderà a crescere nel tempo.
Modificare lo stile di vita
In questi casi è fondamentale cambiare lo stile di vita: controllo del peso corporeo, moderazione del contenuto di carboidrati della dieta con riduzione/abolizione degli zuccheri semplici e aumento dei carboidrati complessi, riduzione dell’assunzione di grassi saturi e aumento del contenuto di acidi grassi omega3, aumento dell’attività fisica generale e riduzione, quando sia presente, dello stato di stress, sono passi estremamente importanti da mettere in atto.
L’attività fisica è tra le strategie più efficaci per favorire la ridistribuzione del grasso corporeo e la perdita di quello localizzato in sede intra-addominale È importante prendere consapevolezza dei rischi associati all’eccesso di grasso addominale, che vanno ben oltre le preoccupazioni di natura estetica; questa consapevolezza può anche aiutare nel processo di automotivazione. E allora, vai con un giusto regime dietetico e l’attività fisica, ne beneficerà non solo l’organismo in generale ma anche la libido. L’obesità addominale nei maschi è infatti correlata a livelli di testosterone relativamente bassi, cosa che però si ribalta con la riduzione della circonferenza addominale.
Tratto da un articolo della dottoressa Ada Spina, specialista in Endocrinologia, sul numero 95 de L’Altra Medicina (maggio 2020), acquistabile online e in edicola.