Ci sono almeno due situazioni in cui la previsione delle aspetti e cambia il corso degli eventi: l’effetto placebo e la Profezia Autoavverante.
L’effetto placebo ha recentemente ricevuto adeguato riconoscimento soprattuto ad opera del neurofisiologo Fabrizio Benedetti (2008; 2012), considerato tra i massimi esperti a riguardo. La nuova prospettiva (per approfondimenti rimando a Tangocci, 2018) riconosce al placebo valenza terapeutica, se consapevolmente sfruttata, e propone di inserire tali conoscenze nella pratica clinica (Benedetti, 2013), anche perché:
“Oggi la scienza ci dice che le parole sono delle potenti frecce che colpiscono precisi bersagli nel cervello e il corpo di chi soffre.”.
È questo il concetto chiave che sta emergendo, recenti scoperte lo dimostrano: le parole attivano le stesse vie biochimiche di farmaci come la morfina e l’aspirina, ma visto che nel corso dell’evoluzione sono nate prima le parole e poi i farmaci, è più corretto dire che i farmaci attivano gli stessi meccanismi delle parole. (Benedetti 2018, p.1).
Altra circostanza nella quale è possibile che le proprie aspettative influenzino il corso degli eventi è conosciuta come Profezia Autoavverante (Merton, 1948). Classico esempio sono i correntisti di una banca, di per sé solida, che intimoriti dall’eventualità che possa fallire ritirano in massa i loro depositi, determinandone in tal modo il fallimento. Ma anche il pregiudizio verso una persona appartenente ad un determinato gruppo sociale ritenuto scontroso che porta a essere palesemente prevenuti e in tal modo provoca esattamente il comportamento previsto.
Fin qui scopriamo che gli atteggiamenti possono influenzare il corso degli eventi.
Altrettanto evidenti sono tuttavia anche i limiti del cosiddetto “pensiero positivo” che può, sì, predisporre al meglio per una circostanza, ma è esperienza comune che, per quanto si possa crederci, difficilmente si riuscirebbe da principianti a vincere una competizione con un campione di una qualche disciplina agonistica, a meno di un vero e proprio miracolo.
Altrettanto difficilmente il semplice crederci consentirebbe di superare limiti intrinseci alla fisiologia umana.
Le cose non sono presumibilmente così semplici come ipotizzato dalla teoria in apertura, nondimeno sia le aspettative personali che quella della cultura di appartenenza potrebbero non essere ininfluenti. Nel dubbio, meglio coltivare l’ottimismo, potrebbe non funzionare ma quantomeno crederci ci farà stare meglio che non crederci. Ops, ma in tal caso significherebbe che funziona…
Trovi l’articolo completo del dott. Benedetto Tangocci sul numero 104 de L’altra medicina.