La tecnologia e l’umano
Provate a pensare a quale sia il vero rapporto tra la tecnologia e l’umano.
Quando ne parliamo ci riferiamo normalmente a quel complesso metallico che si dirama e cresce, assorbendo e penetrando il nostro caro pianeta. E se invece fosse un fenomeno che sta facendo scomparire le nostre radici e sta condizionando catastroficamente il mondo che ci circonda?
Normalmente associamo a questa parola tutti quegli strumenti automatizzati che, in modo più o meno intelligente, forniscono un servizio all’uomo e alla società: telefoni cellulari, computer, centrali nucleari, pannelli solari e via dicendo.
In realtà questa visione della tecnologia è alquanto ridotta e per capire a fondo quel che considero la questione decisiva del nostro secolo, dovremmo esplorare il concetto di fenomeno tecnico definito da Jaques Ellul.
Quando parliamo di fenomeno tecnico, ci riferiamo più che altro ad un’impostazione sociale,
ad un cambio di mentalità dell’uomo. Diventare tecnici significa sposare la causa dell’efficienza, dell’attività programmata, delle “ricette” teoriche e del “far funzionare le cose”.
Il fenomeno tecnico è quindi una filosofia di vita, è un credo, è un classificare priorità: la fede nell’efficienza e nel raggiungere l’obiettivo con il minimo sforzo si posizionano certamente all’apice di ogni nostro pensiero e slancio morale.
Nell’immaginario moderno l’essere umano si è ridotto ad un mero assemblaggio di cavi che, dalla centralina elettrica del cervello, mettono in moto ogni nostra azione, pensiero e parola.
L’essere umano spogliato della sua umanità e ridotto a scatola stracolma di circuiti, diventa quindi un oggetto migliorabile, viene sradicato dall’ambiente locale nel quale si sentiva a suo agio, padrone delle proprie scelte, per essere proiettato direttamente nel futuro, nel regno del transumano e del postumano, come una pianta strappata dal terreno e lanciata con le sue radici a volare e morire nel vento.
Ogni innovazione tecnica potrebbe quindi nascondere questo desiderio occulto, quello di modificare l’uomo, mozzandolo alla radice.
La tecnologia e l’umano: stiamo diventando una cosa sola?
Uno degli errori che si commette nel giudicare le novità tecnologiche è quello di considerare il nuovo strumento (meccanico, sociale, pedagogico o economico che sia) come un fattore separato ed isolato dall’universo, come se il giudizio sui pro e i contro si potesse esprimere osservando e studiando l’idea separata dal resto delle cose.
Non possiamo giudicare un pannello solare come se fosse l’unico oggetto presente in questo mondo, così come non possiamo lasciarci ammaliare dalla magia della fusione nucleare (che per altro avviene in ogni stella presente nell’universo) senza fermarci a riflettere su come utilizzeremo cotanta quantità di energia. Forse, dato che questa energia sarà troppo grande, saremo in grado di accendere la centrale nucleare solamente i lunedì o adatteremo ancora una volta questo mondo in base alla necessità che ha la tecnica di progredire? Cosa ce ne faremo di tutta questa energia e come cambierà l’essere umano quando avrà a disposizione l’infinito?
Quali sono le conseguenze della tecnologia?
La prima conseguenza sarà quella di proseguire con l’innovazione tecnologica ed espandere la “tecnologità” del nostro mondo, in modo tale che l’immane energia prodotta possa davvero venire utilizzata, senza sprechi.
Come dicevamo, l’espansione tecnologica comporta inevitabilmente una serie di eventi raccapriccianti:
- l’abbattimento o l’impedimento alla crescita dei boschi (c’è bisogno di spazio sottratto alla natura per far funzionare una civiltà sempre più tecnologica);
- c’è bisogno di scavare fino all’osso la nostra povera crosta terrestre, stravolgendo gli ecosistemi, per appropriarci dei minerali obbligatori al sostentamento della tecnologia (cobalto, tungsteno, neodimio, ecc…);
- c’è bisogno di un mondo sempre più complesso e connesso per potere trasportare efficientemente i materiali che dovranno essere sempre più numerosi per poter soddisfare l’uso dell’enorme energia nucleare prodotta; di conseguenza, ci sarà sempre più bisogno di un mercato globale, a discapito delle realtà locali dove l’uomo e la donna sapevano esprimersi in modo autonomo e artigianale; ma soprattutto, come sempre, ci sarà bisogno che l’essere umano cambi.
Crediamo che la tecnologia sia neutra e che l’essere umano ne sia il padrone assoluto, e come tale possa permettersi di utilizzarla a suo piacimento, senza lasciarsi dominare.
Cosa possiamo fare?
Non esiste tecnica nuova e società vecchia, ma soltanto tecnica nuova e società nuova.
Le persone cambiano ad ogni innovazione tecnologica essenzialmente per due ragioni: la tecnologia fa il lavoro per noi, provocando che l’uomo si atrofizzi nella passività fisica; oppure semplicemente perché un nuovo strumento tecnico ha la necessità di essere compreso e studiato, per essere in seguito utilizzato.
La tecnologia e l’umano non sono due mondi che comunicano e basta, e non possiamo pensare di riuscire a controllare questo rapporto.
Siamo arrivati ad una svolta epocale, che direzione decideremo di prendere? Quella della continua distruzione della natura, delle nostre tradizioni e delle nostre abilità a favore di una comodità artificiale che ci atrofizza o quella della rivoluzione antitecnologica di cui tanto abbiamo bisogno?
Il coraggio è da sempre l’elemento principale in ogni ambito della vita ed è forse proprio questo di cui oggi abbiamo più bisogno: il coraggio di abbandonare tutto ciò che è automatismo e ridiventare i protagonisti delle nostre vite.
Ti aspettiamo per ulteriori approfondimenti sull’articolo di Simone Madonna, sul numero 129 de L’altra medicina, in edicola e online.