Le diete ipocaloriche rallentano la tiroide?
Non passa settimana ormai senza che in TV, in libreria o su qualche rivista non venga proposta una nuova dieta. Ma le diete ipocaloriche rallentano la tiroide?
Nonostante sia ormai perfettamente documentato come la trasformazione dell’energia chimica contenuta nei cibi possa trasformarsi in calore (oppure in ATP cioè energia utile) in funzione della maggiore o minore attivazione della tiroide, il calcolo delle calorie viene ancora insegnato in molte scuole di nutrizione come metodo dimagrante.
Recentemente stanno ottenendo grande risonanza diete che prevedono al loro interno periodi più o meno lunghi di digiuno (una tra tutte la mitica, e oggi scomparsa, dieta “Longo”).
Diete e digiuni rallentano la tiroide!
Diete da fame, che possono generare attacchi bulimici, depressione, infertilità, demuscolazione, ma soprattutto rallentamento tiroideo.
Non diverse, nella sostanza, sono le altre scorciatoie digiunatorie. I fanatici dei digiuni intermittenti, per esempio, sostengono senza alcun fondamento che un breve periodo di digiuno (12-18 ore) può “risvegliare” il metabolismo.
Quelli del “5+2” invece dicono che puoi mangiare qualunque porcheria per cinque giorni, purché dopo si digiuni per due. In buona sostanza viene trasmesso il messaggio: posso abbuffarmi di dolciumi e bibite zuccherate (qui si intuisce da dove venga il forte supporto mediatico a questi regimi diseducativi), tanto poi con un po’ di digiuno “mantengo il peso”. Questa sola frase rende manifesta l’ignoranza della maggior parte di chi si mette a dieta e, purtroppo, anche di un certo numero di nutrizionisti, che ancora misurano progressi e migliorie dei pazienti attraverso il solo peso.
Se si misurassero le effettive modifiche della composizione corporea in termini di grasso, muscolo e acqua, ci si renderebbe immediatamente conto del fatto che qualunque dieta ipocalorica genera calo di massa muscolare e rallentamento metabolico e immunitario. Come da anni scientificamente documentato.
Riduzione gastrica? Non funziona!
Di analoga estrazione culturale sono i mezzi cosiddetti “meccanici” volti ancora e sempre a ridurre l’apporto calorico: le diete del sondino, la chirurgia bariatrica (gastroresezioni) e le riduzioni di volume gastrico con “palloncini” o altri dispositivi.
Con il sondino nasogastrico il paziente è nutrito in modo del tutto artificiale, con le quantità (ridottissime) studiate dal medico a tavolino.
L’unica differenza con una dura dieta ipocalorica sta nel fatto che con quel dispositivo in gola il paziente non può davvero ingerire nient’altro. Come alternativa futura potremmo legarlo a un letto di contenzione o indurre scosse elettriche ogni volta che apre il frigo. Ma il peso (muscolare) scende al volo.
E altrettanto succede a chi si dimezzi lo stomaco con un’operazione chirurgica irreversibile o lo riempia con un palloncino artificiale regolabile.
Abbiamo potuto misurare in studio diversi gastroresecati. Avevano perso anche 30-40 kg di peso (erano grandi obesi), e abbiamo dovuto constatare come insieme al grasso avessero perso (oltre alla funzionalità tiroidea) anche tutto il resto: muscolo, risposta immunitaria, capacità di cicatrizzare e talvolta grave anemia e avitaminosi.
D’obbligo poi una sequenza di operazioni chirurgiche per tagliare e cucire la pelle cadente su braccia, gambe, addome, con spesso infezioni e gravi difficoltà a chiudere le ferite.
Quel che è peggio è che se il paziente – come a molti accade – continua a consumare cibo spazzatura, nel giro di pochi anni incomincerà a riprendere il peso perso. Che sarà però costituito, in modalità difensiva, da grasso e non più dal muscolo che vi era prima. Un modo come un altro (ma in grado di produrre un grande fatturato sanitario) per farsi davvero del male e per bloccare l’attività della tiroide.
Diete iperproteiche, chetogeniche o paleo
Non dissimili dalle logiche precedenti sono le diete iperproteiche, chetogeniche o rigidamente “paleo”. Il punto di contatto tra ipocaloriche ed iperproteiche è la dieta a zona. La zona è apparentemente iperproteica (in realtà correttamente normoproteica) ma è poi talmente controllata sulle calorie (dagli zonisti chiamate “blocchi” per confondere un po’ le acque) da risultare una dieta dimagrante molto severa ed estremamente ipocalorica, che genera un iniziale rapido calo, ma che provoca poi un abbassamento metabolico marcato, tanto da comportare un utilizzo delle proprie proteine muscolari come fonte energetica.
Se si forniscono, con i calcoli calorici di Sears, 1000 kcal/giorno a chi ha un fabbisogno di 2500, siamo davanti ad una dura dieta ipocalorica, quale che sia la composizione di ciò che mangiamo.
Le diete veramente iperproteiche, invece, generano perdita di peso grazie ad un altro meccanismo. Sia che obblighino per certi periodi a consumare solo carne o pesce (come nella tristemente nota Dukan) o che si rifacciano ai vantaggi della chetogenesi (che ogni medico sa essere un problema di salute grave) o a malinterpretate origini paleolitiche (secondo cui l’uomo si nutriva di sole carni), hanno l’obiettivo di non soddisfare in alcun modo il fabbisogno di carboidrati dell’organismo.
I carboidrati sono necessari!
Ciò che molti non sanno, o fingono di non sapere, è che l’organismo estrae prima la quota di carboidrati che gli serve per vivere, e solo dopo – con le proteine rimaste – si occupa di costruire e ricostruire tessuti, muscoli ecc. Se dunque io consumo solo proteine, il corpo estrarrà da queste – affaticando fegato e reni – i carboidrati necessari al sostentamento quotidiano.
Per ottenerli, però, il corpo deve consumare energia, col risultato che 1000 calorie di proteine potrebbero trasformarsi, alla fine, in poco più di 500 calorie di carboidrati, per le necessarie e costose operazioni di deaminazione, biosintesi dell’urea, eliminazione renale ecc. Eccoci dunque ancora ad un’ipocaloricità di fondo, svelata dalla chetogenesi, che rappresenta la risposta del corpo che non dispone dei necessari carboidrati, e si sposta verso il consumo dei grassi, con il noto effetto intossicante di cui i chetoni sono solo l’effetto finale.
Le diete iperproteiche sono dunque in realtà diete ipocaloriche che – paradossalmente – fanno perdere massa muscolare invece di proteggerla, come spesso affermano, incuranti del ridicolo, i loro promotori.
Restrizione calorica: il nemico della tiroide!
Tutti questi regimi, spesso pericolosi per la salute, hanno in comune una forte e innaturale restrizione calorica che è la causa prima del rallentamento a scopo difensivo dell’attività tiroidea. Invece di farsi irretire dalle parole del marketing (“reset immunologico”, “pulizia dalle tossine”) è importante appoggiare le proprie scelte su solide basi scientifiche.
Capire le problematiche tiroidee può anche insegnarci, indirettamente, a fare scelte più corrette sulla nostra tavola quotidiana. La tiroide, tuttavia, non si limita a regolare il nostro ritmo metabolico. È coinvolta anche nella corretta gestione della crescita del feto in gravidanza, nella protezione e conservazione della massa muscolare, e può alterarsi in modo grave fino a generare un tumore tiroideo. Non è infatti un organo staccato da tutto il resto del corpo, ma uno strumento integrato in grado di rispondere a segnali nervosi, tossici, infiammatori, ipotalamici, ipofisari, ambientali, di stress, alimentari, farmacologici, respiratori, ematici, in modo integrato con ogni altra parte del corpo.
Poiché il metabolismo umano è stato per due milioni di anni al centro delle nostre probabilità di sopravvivenza, la tiroide (che sta al centro della nostra regolazione metabolica) non può che essere un organo altamente integrato.
Maltrattarlo può non essere una buona idea.
Per altre curiosità sulla Tiroide, vi aspettiamo su L’Altra Medicina Magazine, in edicola e online!