Dov’è finita l’influenza, quella che tutti gli anni colpiva gli italiani? È scomparsa. Per cercare di comprenderlo la nostra redazione analizza i dati ufficiali nell’articolo apparso sul numero 104, in edicola.
“Quello che viviamo oggi esiste ogni anno per l’influenza”. Queste parole, riferite all’attuale situazione degli ospedali, non sono del complottista di turno o dell’irresponsabile che minimizza l’emergenza sanitaria pandemica. Queste parole sono del viceministro della Salute Pierpaolo Sileri.
E Sileri non è uno sprovveduto messo lì a far figura, è un medico e docente universitario, una persona competente.
“Il virus non andrà più via. L’influenza fa un’ondata l’anno. Probabilmente sarà così anche per il Coronavirus. Diventerà una malattia stagionale autunno-invernale” Così l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, assessore alla sanità della Regione Puglia.
Ora, teniamo bene a mente ciò che ci mostra l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): nel 2020, a livello globale, la circolazione dell’influenza si è completamente esaurita da metà aprile.
Oltre la metà del territorio nazionale non è stata interessata da un incremento della mortalità complessiva; elaborando i dati forniti dall’Istat (Istituto nazionale di statistica) possiamo osservare cosa è accaduto, dal 2015 al 2020, prendendo in considerazione i primi otto mesi dell’anno. È evidente come, nel 2020, si sia verificato un maggior numero di decessi totali rispetto agli anni precedenti: l’incremento è stato di 37.788 unità (+8,63%).
È importante osservare come il numero dei decessi, nei primi mesi del 2020, sia in linea con quello della media degli anni precedenti, a eccezione del netto incremento di marzo e aprile (+27.516 e +20.287), con una marcata flessione avvenuta a gennaio (-7.221). In genere, nel primo mese dell’anno si raggiunge il maggior numero di decessi, causati dalle consuete ondate invernali.
Quali sono i sintomi più comuni, se non arriviamo a trascurare la malattia? Ce lo spiegava già il 5 marzo scorso Pier Luigi Lopalco, ordinario di Igiene all’Università di Pisa (oggi promosso politico), in piena pandemia: “Ripeto, [i sintomi, ndr] sono quelli di una condizione simil influenzale: febbre, tosse, rinite (raffreddore), congestione nasale, congiuntivite. Sono quelli di una persona che potrebbe avere un brutto raffreddore. Ma soprattutto bisogna fare attenzione alla comparsa della febbre. Alla prima linea di febbre bisogna starsene a casa, starsene buoni e vedere che cosa sta succedendo. Se tutti seguissero questa semplice precauzione, già abbatteremmo il 90% dei contagi”.
“In Italia tutti coloro che muoiono e risultano positivi al tampone vengono classificati come decessi per Covid, non è così in altri Paesi.” È ciò che ha recentemente dichiarato a “La Stampa” Graziano Onder, geriatra dell’Ospedale Gemelli di Roma e responsabile del rapporto sulla mortalità da coronavirus dell’Iss. Perchè in Germania si muore di meno? “Devo presupporre che anche loro abbiano un diverso metodo di conteggiare le morti da Covid”.
Quindi, l’Italia sovrastima i morti di Covid, per cui il nostro indice di letalità ci fa posizionare al terzo posto nel mondo dopo Messico e Iran: “siamo la nazione con la maggior percentuale di popolazione anziana in Europa. La media anagrafica dei morti per coronavirus è di 82 anni. Persone di età avanzata e con più patologie” chiarisce Antonio Clavenna responsabile dell’unità di farmacoepidemiologia dell’Istituto Mario Negri di Milano.
La stagione invernale è generalmente la più fertile per la diffusione dei virus influenzali ed una buona parte della popolazione, rischia di ammalarsi.
In ultima istanza, è fondamentale porre l’attenzione sulla distribuzione geografica dei decessi complessivi. Non è certo un mistero che, in questa annata tragica, la Lombardia sia la regione più colpita in assoluto; nei picchi degli anni precedenti, l’incidenza della mortalità era mediamente intorno ai 10.000 decessi mensili,
ma clamorosamente la scorsa primavera, essa è più che raddoppiata, superando le 25.000 unità. Paradossalmente, se escludessimo la regione più industrializzata del Paese dal saldo finale, oggi l’Italia avrebbe un picco inferiore a quello delle stagioni influenzali 2014/2015 e 2016/2017, e quindi in linea con gli altri anni.
Alla luce di quanto emerso, sarebbe naturale provare a sollevare qualche interrogativo alquanto cruciale: cos’è successo in Lombardia? Dov’è finita la normale influenza che, in tutto il mondo, è del tutto scomparsa?
“Il virus non andrà più via. Bisognerebbe parlare di pandemia di influenza, non di pandemia in generale”, parola del Prof. Enos Bernasconi, vice primario del reparto di malattie infettive dell’Ospedale Regionale di Lugano. Fu intervistato dalla radiotelevisione svizzera durante il programma “Il fantasma della pandemia”, nel lontano 2010: l’emergenza del momento si chiamava AH1N1, antenato del ben più temibile Sars-Cov-2. E quindi, cos’è questa maledetta e tragica Covid-19 che sta stravolgendo la vita di tutti? Magari la risposta ce l’ha già data l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dati alla mano: da aprile 2020, la circolazione dell’influenza è letteralmente scomparsa.
Trovi l’articolo completo sul numero 104 de L’altra medicina.