A partire dal 2010, c’è stato un boom nell’uso di antidepressivi, con un parallelo aumento anche nel numero di persone cui è stato diagnosticato un disturbo ansioso o depressivo. Nel 2017, ben lontani dallo scoppio della pandemia, Regno Unito e Portogallo prescrivevano più di 100 dosi giornaliere di antidepressivi ogni 1.000 abitanti, la quota più alta tra quelle dei paesi europei.
Tra le possibili cause di questo fenomeno, secondo l’International Journal of Environmental Research and Public Health, l’aumento di disturbi mentali comuni, la prescrizione di antidepressivi al posto di terapie non farmacologiche, l’accessi sempre più facile a gli antidepressivi e gli investimenti insufficienti nell’innovazione terapeutica.
Nella maggior parte dei paesi europei, la sanità pubblica mette a disposizione meno di 20 psicologi ogni 100mila persone. E così milioni di medici prescrivono benzodiazepine e altri medicinali come se fossero acqua fresca. E i danni, presto o tardi, non tardano a venire a galla. Anche Openpolis, piattaforma online che fa parte dell’European data journalism network, mette in risalto una piaga che, ormai, ha assunto proporzioni gigantesche. Secondo i dati diffusi dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in Europa, ogni anno, il 25% della popolazione soffre di depressione o ansia, mentre i disturbi neuropsichiatrici rappresentano, in totale, il 26% delle malattie nei paesi della Ue. Queste malattie concorrono al 40% nel creare una forma di invalidità e la depressione è la causa principale.
Ma non è finita perché il 50% dei congedi per malattie croniche sono imputabili a depressione e ansia, mentre la metà delle depressioni più gravi non sono nemmeno curate. Impressionanti i costi sociali: in Europa, ogni anno, le malattie riconducibili all’umore e all’ansia costano 170 miliardi di euro.
Una crescita, quella del consumo di psicofarmaci, che è in costante progressione, nonostante l’alto rischio di assuefazione a cui sono associati. Una situazione resa ancora più grave dagli scarsi investimenti nell’assistenza psicologica, che potrebbe invece costituire una modalità di trattamento più sostenibile.
Trovi l’articolo completo di Gianluca Salcioli sul numero 110 de L’altra medicina.