La filosofia di fondo del transumanesimo è la liberazione dell’uomo della biologia; questo ci ripropone l’antica domanda del significato dell’ essere umani, del cosa sia la Natura e del cosa sia la Cultura.
Il fine del TRANSUMANESIMO è elevare, migliorare, potenziare la natura umana, mantenendo una prospettiva umanista e antropocentrica; prospettiva ampiamente superata dal POSTUMANESIMO che ha una visione post-dualistica e post-antropocentrica.
Il transumanesimo e il post umanesimo condividono l’idea che la tecnologia sia un tratto distintivo dell’essere umano. I transumanisti si concentrano sul “miglioramento” e sul potenziamento dell’essere umano, includendo le caratteristiche estetiche, anatomiche, cognitive e genetiche. Credono che i limiti biologici dell’uomo possano essere superati e che l’essere umano possa essere reso immortale. D’altra parte, il postumanesimo non vede la tecnologia solo come un mezzo per il potenziamento o l’immortalità, ma come un modo per superare i dualismi tra identità e differenze tra sessi, messi in discussione dal femminismo e dalla teoria di gender.
A partire dalla sfida al concetto tradizionale di essere umano, il postumanesimo introduce una prospettiva volta a ridefinire l’umano come un ente fluido, dinamico e interrelazionato, persino ibridato. Secondo questa visione, l’essere umano perde la totale egemonia ontologica, epistemologica ed etica sul non umano, e diviene invece un prodotto mutevole e plastico, la cui identità viene messa in discussione e può essere modificata. La tecnologia, vista come liberazione dalla costrizione della specie, spinge l’uomo a superare i limiti della propria natura e a diventare il creatore unico del proprio futuro.
Le criticità del Transumanesimo si riconducono soprattutto ai suoi presupposti antropologici, che talvolta vengono presentati come assoluti e veri. In primo luogo, si può notare come il concetto di natura e di uomo venga ridotto a pura materia: basandosi sull’empirismo di Hume e sul neoempirismo anglosassone, il Transumanesimo definisce l’ “uomo” come colui che è in grado di percepire, senza considerare la sua finalità intrinseca e la sua potenzialità. In altre parole, l’uomo verrebbe considerato solamente come materia. Questo porta all’impossibilità di un’etica che possa derivare dalla natura umana, in quanto i fini vengono scelti autonomamente dalla razionalità della persona o in base a criteri estrinseci di utilità pragmatica. A partire da questa prospettiva non sorprende come l’uomo possa essere spinto verso una dimensione artificiale o postumana.
Trovi l’articolo completo del dott. Massimo Fioranelli sul numero 126 de L’altra medicina.