Che cos’è l’infiammazione?
Esistono due tipi di infiammazione: una sana, temporanea e localizzata, l’altra cronica e diffusa, legata a fattori infiammatori ambientali e alimentari. Su questi ultimi è possibile agire con grande efficacia e con costi contenuti. Senza intossicarci con farmaci soppressivi sintomatici.
Una definizione importante
Da alcuni anni si sente parlare di infiammazione come causa o concausa di numerose patologie. Pochi però sanno esattamente cosa significhi infiammazione da un punto di vista scientifico.
Se si cerca su Wikipedia la definizione di “infiammazione” queste sono le parole, molto chiare, che la caratterizzano: “L’infiammazione, o flogosi, è un meccanismo di difesa non specifico innato, che costituisce una risposta protettiva, seguente all’azione dannosa di agenti fisici, chimici e biologici, il cui obiettivo finale è l’eliminazione della causa iniziale di danno cellulare o tissutale, nonché avviare il processo riparativo.”
Proviamo a rileggere lentamente questa definizione assolutamente corretta, evidenziandone i punti salienti.
Innanzitutto si parla di “meccanismo di difesa”, il che significa che l’infiammazione rappresenta per il nostro organismo un sistema difensivo e non una iattura. Perché dunque ad ogni ora del giorno e della notte, su ogni canale televisivo, si vedono solo pubblicità di farmaci che riducono o eliminano l’infiammazione e il relativo dolore? Leggiamo inoltre che l’obiettivo finale dell’infiammazione è “la rimozione della causa iniziale di danno”. Il che significa che il corpo cerca di liberarsi di quegli agenti “chimici, fisici o biologici” che lo stanno intossicando, non solo in modo attivo ed efficace ma, quel che più importa, con un’azione rivolta proprio all’eliminazione della causa.
Ciò che dovrebbe essere – e spesso non è – l’obiettivo di ogni medico.
Infiammazione sana?
Quando si parla di infiammazione si tratta dunque solitamente di un fenomeno correttivo localizzato e limitato nel tempo (si pensi ad una caviglia gonfia o ai bordi di un taglio da lama sulla pelle) che ha la funzione di accelerare la guarigione in quella zona.
I segni dell’infiammazione (rubor, calor, tumor, dolor e infine functio laesa) sono rivolti a portare in zona macrofagi e altre cellule riparatrici, oltre ai “mattoncini” necessari a ricostruire o riparare il danno, nel più breve tempo possibile.
Da un punto di vista biochimico il segnale infiammatorio cellulare attiva, tra gli altri, un mediatore importante chiamato NF-kB che, legandosi al DNA della cellula, stimola la sintesi di proteine indispensabili al processo, come le collagenasi e le metalloproteasi (enzimi che servono ad “aprire la strada” ai processi riparativi), le chemochine che attrarranno i macrofagi, e la fosfolipasi-C che fa partire la già citata “cascata” dell’acido arachidonico, che produrrà prostaglandine, trombossani e leucotrieni per la modulazione di altri processi (coagulazione, vasodilatazione, dilatazione tubuli renali ecc.). Il complesso di queste modifiche biochimiche serve dunque ad attivare rapidamente un processo prezioso, teso a ripristinare nel più breve tempo possibile lo stato di salute originario.
Tale infiammazione non andrebbe mai combattuta o interrotta con farmaci che ne blocchino l’efficacia (abitudine purtroppo diffusissima e sostenuta da un battage pubblicitario mediatico senza precedenti) perché l’infiammazione è prima di tutto un processo riparativo e correttivo.
Infiammazione cronica: un po’ meno sana
Ben diversa è invece l’infiammazione cronica diffusa, che è procurata dall’esposizione ripetuta ad inquinanti, tossine, veleni o dalla ripetizione continua dell’assunzione di cibi sempre uguali, o comunque presentanti gli stessi allergeni. Tale esposizione può generare sintomi del tutto sovrapponibili a quelli delle allergie, e rappresentare un forte segnale di disturbo del sistema immunitario (permanentemente attivato) che può da un lato bloccare il processo di dimagrimento alterando i normali flussi della leptina (ricordiamoci che la PCR, proteina C reattiva, si lega direttamente alla leptina bloccandone l’azione), dall’altro supportare diverse patologie che vanno dal diabete al cancro, dalla demenza senile a tutte le malattie autoimmuni.
Proteggere il nostro sistema immunitario da superstimoli immunologici può consentirci di prevenire molti disturbi.
Un’iperattivazione del sistema immunitario come quella che si verifica in uno stato infiammatorio cronico, rende necessario un apporto energetico rilevante, che genera un aumento della resistenza insulinica come mezzo per depistare più energie verso il tessuto adiposo e verso i globuli bianchi, piuttosto che verso i muscoli o il fegato. È infatti ormai ben documentato da diversi studi (si veda per esempio Straub RH “Concepts of evolutionary medicine and energy regulation contribute to the etiology of systemic chronic inflammatory disease” – Brain Behav Immun 2011;25: 1-5) il legame tra stato infiammatorio cronico e induzione di resistenza insulinica e diabete. Ma altrettanto pericoloso può essere il danno endoteliale indotto dalle collagenasi e dalle metalloproteasi sintetizzate grazie a NF-kB, che possono far partire il meccanismo di costruzione dell’ateroma, fino all’infarto. Altro che colesterolo. Un’arteria infiammata può rappresentare un fattore di rischio molto più concreto rispetto ad una semplice dislipidemia.
Ma perchè ci infiammiamo?
Le cause in grado di scatenare una risposta infiammatoria sono molteplici. Abbiamo già accennato ai traumi (fratture, contratture, lussazioni, strappi) che rappresentano il caso tipico di infiammazione localizzata. Ma molte altre ragioni possono stare dietro a uno stato infiammatorio. Elencarne alcune può essere un utile esercizio, perché gli effetti di una si sommano all’altra. L’infiammazione infatti, oltre che da traumi meccanici (non solo fratture ma anche sfregamenti, compressioni, graffi) può dipendere da infezioni, da cibi contenenti allergeni non graditi (o in sovraccarico), da molecole chimiche presenti nei farmaci (e dai farmaci stessi), dallo zucchero (che scatena picchi di insulina e di visfatina, molecole proinfiammatorie), dall’ipossia (carenza di ossigeno), da additivi/veleni/pesticidi presenti nei cibi industriali, da fumo di sigaretta o da droghe, e via elencando. Tutto ciò che squilibra l’organismo scatenando la reazione difensiva a cascata che chiamiamo “infiammazione” si somma, aumentando il rischio di un sovraccarico cronico dagli esiti potenzialmente drammatici.
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