I prodotti a base di clorexidina sono disponibili in varie formulazioni e concentrazioni e l’industria suggerisce anche il loro utilizzo quotidiano. Cerchiamo di analizzare con il dott Massimo Rossi, odontoiatra, quali sono gli effetti collaterali di questo farmaco.
La clorexidina (CHX) è stata comunemente usata nello studio dentistico come agente antisettico dal 1970, a causa della sua attività antibatterica di lunga durata con un ampio spettro di azione; è il battericida più utilizzato nel cavo orale e viene proposto in colluttori a diverse concentrazioni, in gel e in dentifrici. E’ stata sintetizzata per la prima volta in Gran Bretagna negli Stati Uniti primi anni ’50 nell’ambito di un ampio esercizio di screening per agenti attivi contro la malaria da parte di Imperial Chemical Industries (Manchester, Regno Unito). Da allora CHX è stata ampiamente utilizzata in vari settori medici (ad es. urologia, ginecologia, oftalmologia, otorinolaringoiatria) così come per la disinfezione degli ambienti chirurgici prima che fosse introdotta in odontoiatria alla fine degli anni ’60.
Molti studi clinici hanno dimostrato risultati efficaci di CHX per la gestione clinica della placca dentale e dell’infiammazione e sanguinamento gengivale; altri studi che utilizzano metodi in vitro riportano risultati positivi di CHX nella riduzione della proliferazione di specie batteriche associate a patologie parodontali, nonché dello Streptococcus mutans, che è considerato il principale agente eziologico della carie dentale. Altri studi hanno riferito che l’uso di CHX è stato efficace nel trattamento dell’alitosi, in particolare nel ridurre i livelli di batteri associati all’alitosi che colonizzano la superficie dorsale della lingua.
Studi molto recente dimostrano che gli sciacqui con colluttori contenenti CHX sono associati ad un’alterazione del microbiota salivare che conduce alla formazione di un ambiente più acido. L’abbassamento del pH è altresì importante perché è associato a demineralizzazione dello smalto dei denti, carie ed altre patologie.
Gli effetti dell’utilizzo di CHX si evidenziano in una minore biodiversità del microbiota, e questo è importante perché una bassa biodiversità è associata ad una maggiore incidenza di patologie orali.
Esiste anche la possibilità che l’utilizzo eccessivo di CHX possa generare resistenze da parte dei batteri del biofilm.
Come spiega il dott Massimo Rossi, il nostro obiettivo non dovrebbe mai essere quello di eliminare il microbiota orale, ma piuttosto dobbiamo sviluppare dei modi per ristabilire una convivenza armoniosa che si è perduta a causa dello stile di vita moderno.
Questo obiettivo può normalmente essere raggiunto attraverso un’igiene orale ottimale, la riduzione del consumo di zuccheri raffinati e l’assunzione di fibra e vitamine, la cessazione del fumo e il controllo della glicemia. Ovviamente è imprescindibile uno scrupoloso controllo della placca batterica attraverso l’ausilio di mezzi meccanici come spazzolini manuali o elettrici, scovolino e filo interdentale.
Si pone quindi l’accento sulla necessità di ristabilire una eubiosi non tramite l’utilizzo eccessivo di antimicrobici, di cui abbiamo visto le conseguenze.
Dato che attualmente esiste una scarsa consapevolezza dei potenziali rischi che accompagnano l’uso diffuso di clorexidina in odontoiatria, oltre agli accertati effetti collaterali le applicazioni del collutorio clorexidina dovrebbero essere effettuate per periodi limitati nel tempo e dove il medico ne ritenga necessario l’utilizzo.
Trovi l’articolo completo del dott. Massimo Rossi sul numero 103 de L’altra medicina.