Analizziamo i dati dell’ISS con riferimento al Bollettino ISS del 23 novembre (Tab. 6, pag. 28), l’ultimo pubblicato, e riprendendo nei grafici i dati delle Tabelle corrispondenti (prima erano le n. 5), nella serie dei Bollettini settimanali da gennaio 2022.
Citata la fonte, che ciascuno può subito verificare, sintetizziamo il messaggio nelle slide allegate, riferite ai bambini da 5 a 11 anni e alle tre fasce d’età successive considerate dall’ISS, in cui operano anche tutti i lavoratori della Sanità che molte forze politiche e sociali vorrebbero ancora soggetti alle vaccinazioni obbligatorie.
La realtà documentata dai dati ISS è che oggi, rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età:
-i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 30,4% in più;
-i giovani 12-39 anni con booster si infettano il 22% in più;
-gli adulti 40-59 anni con booster si infettano il 56% in più;
-gli anziani 60-79 anni con booster si infettano ormai il 2% in più dei non vaccinati, e se fermi
a 2 dosi (dunque probabilmente più distanti dall’ultimo inoculo) si infettano il 7% in più.
I dati italiani sono coerenti con un gran numero di studi internazionali.
In sintesi: la protezione vaccinale dall’infezione, buona all’inizio con le precedenti varianti ma solo mediocre con Omicron, declina poi rapidamente, si azzera in pochi mesi, e quindi si inverte, cioè i vaccinati diventano in media più soggetti a infettarsi dei non vaccinati. I booster ripristinano in modo transitorio la protezione iniziale, ma si torna a perderla velocemente, con un percorso che sembra accelerato al ripetersi dei successivi inoculi.
Gli studi sono stati presentati in occasione del Congresso POLI- COVID-22 appena svoltosi a Torino, che chiunque può visionare nelle slide o in videoregistrazione (v. quelle specifiche sul sito della CMSi), chiedendo se lo desidera gli studi integrali da cui sono tratte.
Chi volesse aggrapparsi al cavillo che rischio di infezione non significhi anche rischio di trasmissione, trova risposta, tra l’altro, nel grande studio israeliano che mostra che a 70 giorni dalla 3a dose la carica virale (buona proxi del rischio di trasmissione, in relazione inversa con il numero dei cicli di amplificazione con la PCR-RT) precipita già sotto al livello dei non vaccinati, con una pendenza della curva di discesa non certo rassicurante.
Trovi l’articolo completo del dott. Alberto Donzelli sul numero 122 de L’altra medicina.