Infiammazione cronica: l’impatto sull’aspettativa di vita
Nei paesi industrializzati, l’aspettativa di vita continua ad aumentare: sempre più persone superano gli ottant’anni, e alcune arrivano addirittura ai cento. Seppur il dato sia straordinario, la cosa fondamentale è che l’invecchiamento sia di successo, ovvero privo di patologie invalidanti in grado di ridurre la qualità di vita.
Ma quale stile di vita ci porta a invecchiare stando bene? Proviamo ad analizzare le cartelle cliniche dei centenari: generalmente non presentano patologie cronico-degenerative e si sono ammalati molto poco nel corso della loro vita. Quindi il loro sistema interno di omeostasi e resilienza è riuscito a mantenere a lungo un complesso e intricato equilibrio di benessere psico-fisico che definiamo con il semplicistico termine di salute.
Funzionamento del sistema immunitario
Cruciale per la sopravvivenza dell’individuo è il funzionamento del sistema immunitario che provvede alla difesa dagli organismi patogeni come virus, batteri e funghi e alla gestione degli organismi che vivono al suo interno, collettivamente definiti come “il microbiota”.
Quando veniamo al mondo, il nostro sistema è ancora immaturo e non funzionante. Il neonato deve fare affidamento al supporto materno (allattamento al seno) e nei primi mille giorni di vita si sviluppano in parallelo il microbiota e il sistema immunitario. Il sistema immunitario funziona attraverso “programmi di sistem” simili ad avanzatissimi software anti-virus e firewall. Il principale di questi programmi è chiamato infiammazione: questa si attiva ogni volta che si verifica un’aggressione da parte di un patogeno o una breccia nelle principali barriere che ci separano dal mondo esterno, ovvero la pelle, la barriera intestinale e la barriera dell’epitelio respiratorio. L’infiammazione è un processo fisiologico finalizzato alla lotta contro gli aggressori e al ripristino dell’integrità funzionale dei tessuti. Quando cessa il fenomeno scatenante, il processo viene disattivato.
L’infiammazione cronica
Nelle più comuni patologie cronico degenerative come il cancro, l’Alzheimer, il diabete, le patologie reumatologiche e la maggior parte delle autoimmuni, il processo di infiammazione non si disattiva. Ancora non conosciamo tutti i meccanismi eziofisiopatogenetici alla base di queste patologie, ma siamo ben consapevoli del fatto che la cronicizzazione dei processi infiammatori contribuisce al deterioramento degli organi e al peggioramento del decorso. Combattere l’infiammazione cronica è diventato quindi un obiettivo terapeutico primario, oltre che un intervento indispensabile per garantire la qualità della vita dei pazienti.
La maggior parte dei farmaci biologici di nuova generazione, oltre che i FANS e i cortisonici, hanno come unico obiettivo quello di “interrompere” il processo infiammatorio in uno o più passaggi della cascata, che dal fattore iniziatore (trigger) arriva fino all’espressione dei segni e sintomi da tutti noti: calore, rossore, gonfiore e riduzione funzionale. Purtroppo il trattamento farmacologico dell’infiammazione non riesce a dare sempre tutti i risultati sperati in termini di efficacia e soprattutto si accompagna a importanti effetti indesiderati.
Le linee guida internazionali sul trattamento del dolore cronico e dell’infiammazione prevedono e consigliano l’utilizzo di adiuvanti naturali che possono essere affiancati alle terapie farmacologiche. Numerose sostanze naturali hanno dimostrato con ampia letteratura scientifica di possedere le caratteristiche adatte per l’utilizzo come adiuvanti nel trattamento antinfiammatorio e del dolore cronico. Tra queste ricordiamo la curcumina, gli acidi boswellici della Boswellia serrata, gli acidi grassi omega 3, la vitamina D.
Farmaci e sostanze naturali: quali sono le differenze?
La più grande differenza tra le sostanze naturali e i farmaci sopra citati è che le prime non bloccano drasticamente l’attività di un enzima o di una citochina ma ne modulano l’espressione genetica o l’attività. Questo garantisce un profilo di tollerabilità e sicurezza tale da poter essere utilizzate dalla maggior parte dei soggetti e vendute come integratori alimentari senza obbligo di ricetta medica.
I meccanismi d’azione sono raggruppabili in due classi: inibizione enzimatica diretta e azione epigenetica. Il primo tipo di azione è quello degli AKBA della boswellia sull’enzima lipossigenasi, con un’azione simile a quella del cortisone ma senza i suoi effetti indesiderati. L’attività epigenetica è invece più lenta (un paio di settimane) ma talvolta potente al pari di un farmaco. È il caso della curcumina nei confronti di geni a monte della cascata infiammatoria, come NFKb o responsabili della produzione delle difese antiossidanti, come NRF2. Gli esperti della medicina e della nutrizione di segnale sanno abilmente combinare queste sostanze attive per sfruttarne le sinergie, pur garantendo il massimo profilo di tollerabilità.
Le moderne tecniche di farmacologia applicata permettono oggi di superare agevolmente il problema dello scarso assorbimento di molti principi attivi di origine vegetale con metodiche di bio-ottimizzazione naturali come per esempio l’utilizzo di una matrice di galattomannani estratta dal fieno greco. Queste strutture possono inglobare i principi attivi e funzionare da meccanismi a lento rilascio nel momento in cui raggiungono l’intestino e vengono digerite dai batteri del microbiota.
Oggi più che mai è possibile contrastare l’infiammazione e il dolore cronico non solo con il farmaco, la dieta e le modifiche dello stile di vita ma anche attraverso adiuvanti naturali efficaci, sicuri e ben tollerati. Curcumina, boswellia, omega 3 e vitamina D sono i candidati ideali per questo arduo compito e i più promettenti e studiati principi attivi oggi a disposizione dei professionisti della salute. Modulare l’infiammazione non significa solo combattere i dolori osteoarticolari classici dell’artrosi e dell’artrite. Significa anche proteggere il nostro cervello e il sistema immunitario da un processo fuori controllo come l’infiammazione cronica.
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