Lo stress è una reazione
Lo stress è una reazione adattativa, ma ogni singolo evento della nostra vita, anche il più piccolo, ha un impatto sulla nostra risposta interna, come magistralmente descritto da Luigi Oreste Speciani nel suo “Di cancro si vive” (l’ipotesi psicosomatica).
Diamo però troppo spesso la colpa a eventi esterni. Qualche volta dovremmo chiederci: “Ma se l’evento per magia sparisse, cosa ne sarebbe del mio stress?”
Lo stress è una reazione: impariamo a controllarlo
Il termine Stress fu usato per la prima volta nel 1936 da Hans Selye e significava “risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso”.
Nessuno è esente dallo stress in nessun momento di vita. Lo stress è il nostro controllo adattivo e serve per creare legami con il nostro ambiente circostante, proprio come l’acqua che si adatta e prende una forma diversa a seconda del recipiente in cui si trova. È una reazione che riguarda tutti e si manifesta sia all’interno (attivando il “saper fare bene”) che all’esterno (portando la persona a fare ciò che gli altri si aspettano che faccia e scontrandosi con sé stessi sul “poter fare”).
Se sentiamo, internamente o esternamente, uno squilibrio o un turbamento, dobbiamo utilizzare la nostra capacità di problem solving e dobbiamo affrontarlo immediatamente, mantenendo la lucidità, senza dargli spazio per aumentare.
Solo così diventeremo dei bravi e valorosi naviganti che sanno sempre cosa fare, perché provano a mettersi in gioco e a sperimentarsi.
Le fasi del processo stressogeno
Tornando all’ideatore del termine stress, Selye, il processo stressogeno ha tre fasi diverse:
1. Fase di allarme: il soggetto percepisce un surplus di doveri e mette in campo le risorse per adempierli;
2. Fase di resistenza: il soggetto trova un equilibrio in questa nuova condizione e si adatta all’esubero di richieste;
3. Fase di esaurimento: il soggetto abbassa le difese e compaiono sintomi fisici, fisiologici ed emotivi.
Spesso si attribuisce allo stress solo un significato negativo, ma c’è una predisposizione a seconda dell’individuo di chi è più incline a episodi di stress negativo o cattivo (distress) e chi invece a quelli di stress positivo o buono (eustress). Questa predisposizione è data dalle caratteristiche personali e dal continuo esercizio di accomodamento e adattamento all’ambiente circostante. (J. Piaget)
Come prevenire il distress e sfruttare al meglio l’eustress?
Lo stress positivo si definisce eustress. È la reazione che ci fa sentire adrenalina ed energia e che ci aiuta a trovare una motivazione, a migliorare la nostra produttività e a raggiungere i nostri obiettivi. Più la persona fa esercizio e più diventa sicura di sé e delle proprie capacità, sperimentando uno stress positivo
Stress positivo (eustress)
• Genera attenzione ed emozione
• Aumenta la produttività
• Amplifica la consapevolezza di sé
• Durata a breve termine
Se invece la persona percepisce una situazione di minaccia e di angoscia, allora proverà uno stress negativo, il distress, accompagnato da sintomi psicofisici tra cui i più ricorrenti sono insonnia, mal di testa, ansia, pensieri negativi, extrasistole.
Stress negativo (distress)
• Genera preoccupazione, ansia e sentimenti negativi
• Comporta problemi e disagi a livello psicofisico
• Diminuisce la produttività e le nostre capacità di reagire
• Durata a lungo termine
L’eustress può diventare distress? E viceversa, il distress può diventare eustress?
Lo stress, quindi, può essere buono o cattivo e dipende essenzialmente da che punto di vista affrontiamo la situazione. Se in un primo momento può non essere chiaro ciò che ci si presenta davanti, allora si genera distress, che però con una riformulazione temporanea e una valutazione ponderata può diventare un “perché no, andiamoci”, e quindi eustress.
Allo stesso modo, quando di primo impatto affrontiamo una cosa con entusiasmo, può assalirci il dubbio, e passiamo dall’eustress al distress. È molto frequente che compaia sempre la doppia componente stress buono/cattivo ed è proprio grazie a questa dicotomia che possiamo cambiare il nostro approccio e raggiungere i nostri obiettivi e superare il momento critico.
L’atteggiamento con cui si affrontano le singole situazioni ci porta ad essere più inclini a soffrire di distress o eustress.
I “Life events” portano alla patologia psichica?
La maggioranza dei clinici è concorde nell’ammettere la probabilità che gli eventi psicosociali stressanti o “life events” potrebbero scatenare una patologia psichica anche se, è arduo stabilire tra gli infiniti eventi, quali assumano il ruolo di “stressor”, in quanto non si può prescindere dall’unicità e dalla specificità di ciascun individuo.
Dato imprescindibile è che l’uomo, vivendo in un contesto sociale con il quale si adatta continuamente, interagisce costantemente e con il quale stabilisce legami affettivi, non è indenne a tutte le modificazioni, a tutti i cambiamenti traumatici e non – che incontra con l’ambiente sociale. Studi recenti hanno dimostrato che è molto difficile documentare una relazione causale tra life events e malattia mentale e non si può pensare ad una vera e propria causalità diretta tra questi due fattori; è stato proposto perciò da diversi autori, un modello di relazione circolare tra evento e manifestazione psicopato logica, piuttosto che un modello di relazione li neare causa-effetto (Lteif e Mavissakalian, 1995).
Le scale di life events più diffuse sono di due tipi, scale normative e scale soggettive. Le scale normative hanno alla base la tecnica utilizzata da Holmes e Rahe: agli eventi ritenuti mediamente più importanti e più frequenti è stato assegnato un “peso” derivandolo da studi sulla popolazione generale e su campioni di pazienti psichiatrici, peso che rappresenta il potenziale impatto medio dell’evento sul soggetto.
Alla tecnica normativa, si contrappone quella soggettiva nella quale è il soggetto che valuta l’importanza che l’evento stressante ha avuto per lui in quella fase di vita.
Protezione allo stress
Accanto ai life events, alcuni eventi psicosociali possono avere un ruolo protettivo.
La presenza di figure di riferimento efficienti a cui rivolgersi in particolari momenti della vita, l’esistenza di una “rete sociale”, costituita da legami significativi di vario tipo (affettivi, culturali, professionali, eccetera), l’acquisizione di adeguate strategie di coping, cioè di gestione della situazione, sono preziosi nella reazione dell’individuo all’evento traumatico, anche quando la patologia si è comunque manifestata contribuendo alla sua risoluzione.
Come prevenire lo Stress?
Per prevenire qualsiasi tipo di stress, bisogna fare chiarezza e affrontare le situazioni con la mente lucida:
• osservare le alternative;
• anticipare e valutare possibili azioni future, visualizzate e analizzate con semplicità, orienta e centra l’obiettivo;
• mantenere il pensiero e l’attenzione sugli eventi reali;
• immaginare il peggiore scenario.
Stress non significa ansia, perché lo stress può essere incanalato a nostro favore in ogni momento e ci porterà sempre a completare l’azione.
I rimedi no Stress
• Cerca il motivo che si nasconde dietro ogni situazione stressante per imparare a gestire l’angoscia;
• Suddividi le azioni in attività più piccole (micro-obiettivi) e più facili da gestire;
• Concentrati su quegli aspetti che sono sotto il tuo controllo e che tu puoi cambiare;
• Fai più esercizio fisico, lo sport solitamente è amico dell’eustress;
• Pratica tecniche di rilassamento per entrare in contatto con te stesso;
• Lavora sul tuo dialogo interiore. Dobbiamo eliminare la costante autocritica e imparare a essere compassionevoli con noi stessi, contemplando la possibilità di sbagliare, per proteggere e rafforzare la nostra autostima;
• Cosa c’è che non va, se tutto va bene? Le cause potrebbero derivare dalle scelte del passato.
• Riconoscere i propri limiti e chiedere aiuto, affidandosi ad una psicoterapia breve orientata alla soluzione
Definire il problema, individuare le “tentate soluzioni disfunzionali”, introdurre il cambiamento sono i capisaldi dell’approccio breve strategico che punta tutto sull’efficacia e sul conseguimento degli obiettivi, interrompendo il circolo vizioso che intrappola la persona.
Pertanto, dulcis in fundo, ciascuno di noi in questo preciso istante dovrebbe chiedersi: “Come sarebbe la mia situazione una volta che il problema fosse miracolosamente svanito?”
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