Il cervello è programmato per farci apprezzare ciò che è necessario alla sopravvivenza nostra e della specie.
Ci da perciò segnali chimici di ricompensa legati, in particolar modo, al sesso e al cibo.
Nell’ambiente naturale nel quale ci siamo evoluti, alcuni dei nutrimenti di cui abbiamo bisogno, soprattutto i sali e gli zuccheri, sono più rari di altri e pertanto la ricompensa associata alla loro assunzione è maggiore.
Inoltre il sapore dolce ci segnala che la frutta, alimento essenziale nella dieta dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori, è al giusto grado di maturazione per essere mangiata. Mentre il sapore acido ci informa che non è ancora pronta e l’amaro ci fa temere che sia velenosa (anche se non sempre è così).
Si tratta di una regolazione naturalmente adattata all’ambiente in cui ci siamo evoluti, che purtroppo è molto diverso da quello in cui oggi viviamo, nel quale gli zuccheri sono non solo ampiamente disponibili, ma spesso presenti anche dove non ce lo aspetteremmo.
Noi però non siamo cambiati molto da allora. Il nostro sistema di ricompensa endogeno è ancora tarato sull’idea che gli zuccheri siano rari e preziosi e l’assunzione di zuccheri, più di quanto avvenga con qualsiasi altro alimento, comporta attivazione del circuito di ricompensa e delle dinamiche di dipendenza.
Trovi l’articolo completo del dott. Benedetto Tangocci sul numero 128 de L’altra medicina in edicola.