Non esiste dieta che non comprenda il Basmati, pare essere la panacea di tutti mali, soprattutto per chi ha infiammazione intestinale.
Sulla carta (leggete bene, perché questo non significa che il prodotto che acquistate abbia le stesse caratteristiche), da crudo ha pochi grassi, un basso indice glicemico, scarso contenuto di amidi e il chicco raddoppia in lunghezza con la cottura. Ho specificato da crudo perché nonostante la Legge 1169/2011 indichi che i valori nutrizionali debbano riferirsi all’alimento “pronto all’uso”, ovvero mangiato, in Italia in molti hanno interpretato “pronto per essere cucinato”. La cottura comporta un aumento degli zuccheri ed un impoverimento generale dell’alimento, in relazione alla tecnica che si utilizza. Questa è una regola generale, tenetela presente la prossima volta che guardate un’etichetta.
Il confronto tra Basmati, riso a chicco lungo e bianco, rivela che tra i primi due la differenza è pressoché inesistente, così come lo è il loro indice glicemico. La letteratura scientifica che riporta gli studi su questa varietà si riferisce principalmente alla versione integrale e non a quella bianca che arriva in Italia. Questo fa cadere uno dei pilastri su cui si fonda la presunta salubrità del Basmati.
Ma vi siete mai chiesti da dove arriva?
È una varietà riso coltivata esclusivamente in India, Pakistan, Bangladesh e Nepal; le prime due nazioni sono i principali esportatori in tutto il mondo con una crescita che nel 2021 ha superato di oltre il 30% le vendite degli anni precedenti. Solo in Pakistan “gli stock di fine anno del 2021 secondo le stime hanno raggiunto 1.800.000 (un milione ottocentomila) tonnellate (+56% su base annua)”. Per darvi un’idea di paragone, l’intera produzione italiana 2021 è stata di 1.046.000 (un milione quarantaseimila) tonnellate.
India e Pakistan sono due paesi extra UE che non rispettano le nostre normative sull’uso di pesticidi e sostante sterilizzanti, tanto che i prodotti esportati hanno residui di sostanze chimiche non autorizzati. A volte, a dire il vero spesso nell’ultimo anno, i limiti di tolleranza sono stati superati con conseguente blocco in frontiera. Attenzione però perché non tutte le derrate vengono analizzate, capita che ci si accorga della presenza di sostanze chimiche quando il prodotto è già in commercio.
I valori nutrizionali non esprimono tutto ciò che l’alimento contiene perché è trattato a partire dal campo. Come pensate che possa resistere durante il trasporto messo in sacchi da 1 tonnellata, chiuso in containers non refrigerati che viaggiano per mesi in mare, esposti all’umido e al caldo, alle intemperie? Prima dell’imbarco il riso viene asperso con sostanze sterilizzanti (la più famosa è l’ossido di etilene, sostanza cancerogena, mutagena, proibita in UE, responsabile di serie contaminazioni su sesamo, curcuma, farina di carrube negli ultimi 3 anni)
Lasciate a scaffale il Basmati ed acquistate riso a chicco lungo italiano. Se il primo costa di meno chiedetevi come sia possibile considerando il costo dei trasporti e delle pratiche di sdoganamento, le provvigioni degli intermediari e il ri-confezionamento in Italia.
Trovi l’articolo completo di Monia Caramma sul numero 119 de L’altra medicina.