Entriamo su un argomento sensibile: il cancro. In Italia c’è un medico ricercatore, il dottor Pier Mario Biava, che sta portando avanti da diversi anni un filone di ricerca innovativo. Dice che sarebbe utile affrontare questa malattia (anche) in modo diverso.
Biava, che abbiamo incontrato recentemente, ritiene che si debba cambiare il modo di affrontare questa ed altre malattie disastrose. Spieghiamo come la vede. Per lui le cellule tumorali sono cellule staminali che si sono bloccate nello sviluppo. La cellula cancerosa è indifferenziata, come le staminali, e continua a moltiplicarsi senza formare cellule specializzate come potrebbero essere quelle della pelle, del fegato e di altri organi.
Bisogna quindi dare informazioni a queste cellule per fare in modo che ‘si sblocchino’ e si differenzino: non dare grandi quantità di ‘veleni’ per ucciderle o almeno stopparle nella crescita. Biava, nel suo ospedale a Milano, usa i ‘fattori di differenziazione’ e ha ottenuto risultati di cui, se volete, potete reperire la biblio al termine di questo articolo. L’idea di cura non è convenzionale: l’oncologia cerca di uccidere o, al limite, di fermare la moltiplicazione di queste cellule assassine. «Ma non si tratta di bloccare queste cellule – dice Biava – la vita non funziona così: bisogna dirgli quello che devono fare». La definisce ‘terapia informazionale’.
Queste cellule si devono differenziare, occorre ordine, informazione, non grandi quantità di ‘veleni’, oppure bloccare recettori come si orienta l’oncologia convenzionale. Bisogna solo fornire la giusta informazione. Che, in questo caso, è costituita da molecole che si trovano negli embrioni, pieni di cellule staminali indifferenziate: sono i fattori che dicono ad ogni cellula staminale che cosa deve diventare, come deve svilupparsi.
La storia è piuttosto interessante perché Mario Biava si sta muovendo da molti anni su questo versante, facendo fronte a molte critiche. E’ la cura definitiva per il cancro? In questo momento no, ma Biava va lasciato libero di sperimentare. Probabilmente siamo agli inizi di un filone di ricerca molto promettente.
Lui, e alcuni medici in altri centri, usano questa terapia sui pazienti con tumori avanzati. In questo caso, non si propone un trattamento in alternativa a chemio e altre cure oncologiche convenzionali. Questi medici dicono ai loro pazienti di seguire le cure e poi di tornare da loro nel caso non funzionassero. Secondo Biava, comunque, i fattori di differenziazione potrebbero essere utili anche insieme alla chemio, come terapia complementare. Si dovrà provare in clinica.
E’ un paradigma di cura che Biava ha definito insieme a Ervin Laszlo e altri autori. Dalla collaborazione è uscito il libro ‘Dal segno al simbolo’ edito da Persiani.
Per curare ogni malattia – si sostiene – non si deve rimuovere o uccidere ma dare la giusta informazione al momento giusto. In ogni momento la cellula riceve informazioni dall’esterno, perché non è un oggetto isolato ma parte di un insieme molto più vasto e che comprende anche la mente o la psiche, l’intera creazione, e altro ancora. La nostra comprensione del linguaggio della vita è ancora agli inizi.
Si parla di medicina ‘a basse dosi’: non serve puntare sulle grandi quantità, come nella medicina moderna, bisogna solo portare un messaggio alle cellule che compongono il corpo.
Per quanto riguarda ciò che è uscito sulle riviste medico-scientifiche:
2014, ultimi studi su Current Medicinal Chemistry (2014; 21: 1072-1081): si vede che questa terapia agisce sui geni coinvolti nei tumori.
2011, su Current Pharmaceutical Biotechnology (volume 12, febbraio 2011): nuove prove sulla possibilità di riprogrammazione delle cellule staminali cancerose con la terapia informazionale. Collaborano al lavoro diverse università importanti.
2005, sulla rivista Oncology Research (2005; 15: 399-408): si vedono interessanti risultati ottenuti con i fattori di differenziazione sui pazienti con carcinoma epatico allo stadio avanzato.