Nel mondo, su una popolazione di circa 8 miliardi di persone, più della metà (4,5 miliardi), sono connesse a internet. Solo in Italia, 50 milioni navigano quotidianamente nel web e 35 milioni di questi sono attivi sui canali social (Istituto Superiore di Sanità). Oltre 240.000 adolescenti italiani passano più di tre ore al giorno davanti al computer. In alcuni casi, dopo la scuola, trascorrono l’intera giornata in una dimensione virtuale. Anche molti adulti, complice l’isolamento durante il recente lockdown, sono caduti in questa condizione, arrivando anche a un completo allontanamento dalla vita reale, caratterizzato dal rifiuto delle normali attività ludiche e sociali. L’utilizzo eccessivo o improprio di internet può infatti dare vita a dinamiche di dipendenza dal web con conseguenti manifestazioni di comportamenti patologici.
“Si può parlare di dipendenza quando la maggior parte del tempo e delle energie vengono spesi nell’utilizzo della rete, creando in tal modo menomazioni forti e disfunzionali nelle principali e fondamentali aree esistenziali, come quella personale, relazionale, scolastica, familiare, affettiva – spiega il dottor Roberto Settembre, Dirigente Medico di 1° livello presso il reparto di Neurochirurgia dell’Ospedale di Venere di Bari – l’Internet Addiction Disorder (IAD), comunemente definito dipendenza da Internet, è un disturbo che si può sviluppare al punto da presentare fenomeni analoghi alle dipendenze da sostanze, con comparsa di tolleranza, craving e assuefazione”.
Se un tempo la dipendenza riguardava essenzialmente il bisogno compulsivo verso una determinata sostanza o determinati comportamenti, allo scopo di provare i suoi effetti psichici o evitare il malessere della sua privazione, oggi non è più così. O meglio non è solo così. Nel corso degli ultimi anni sono emerse nuove dipendenze che non prevedono l’abuso di alcuna sostanza ma riguardando una vasta gamma di comportamenti anomali: dal gioco d’azzardo patologico alla dipendenza da TV, da internet, da shopping compulsivo, fino alla dipendenza dalle relazioni affettive e dal lavoro.
“Il trattamento delle nuove dipendenze è attualmente realizzato sulla base di caratteristiche clinico-psicopatologiche, simili ai disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo e del controllo degli impulsi, ai disturbi da uso di sostanze e ai disturbi dell’umore, soprattutto quelli appartenenti allo spettro bipolare – afferma il dottor Settembre – con l’impiego di diverse classi di farmaci quali gli stabilizzatori dell’umore e i modulatori glutamatergici e antagonisti degli oppioidi o gli antidepressivi di tipo SSRI allo scopo di ridurre i disturbi e controllare il craving. In alternativa esistono terapie non invasive che non prevedono uso di farmaci, come Bio/Neurofeedback e Stimolazione Magnetica Transcranica. La tecnica del Bio/Neurofeedback, che insegna al paziente ad autoregolarsi, è indicata per il trattamento di ansia, deficit dell’attenzione, fino all’attività di ricerca più avanzata con protocolli che sfruttano un montaggio EEG più completo e integrabile con l’analisi di tracciati qEEG relativi a quadri clinici complessi”.
Le procedure di Biofeedback e Neurofeedback sono realizzate sulla base del principio dello “specchio fisiologico”. Quindi il paziente, collegato a sensori che rilevano contestualmente la sua condizione psicofisica-emotiva, può vedere e sentire le sfumature del proprio cambiamento, attraverso il modificarsi di vari processi fisiologici. Il successo del trattamento attraverso l’uso di feedback biologici dipende quindi dallo stato emotivo personale e dalle abilità intellettuali del soggetto.
“Ancora più efficace è la Stimolazione Magnetica Transcranica, tecnica non invasiva approvata dall’UE, atta a stimolare il tessuto muscolare, cerebrale e neurale – conclude il dottor Settembre – gli impulsi di corrente sono generati per mezzo di un condensatore collegato alla bobina di stimolazione detta coil. Il condensatore accumula una carica elettrica che al momento opportuno genera un campo magnetico proporzionale a tale corrente. Il cambiamento rapido del campo magnetico induce corrente nei materiali conduttori come il tessuto corporeo. Se la corrente indotta nel corpo umano è di sufficiente ampiezza e durata, stimolerà potenziali d’azione nei neuroni eccitabili della corteccia. Questo determina un riequilibrio delle zone cerebrali interessate dai disturbi da dipendenza rendendo molto più semplice la disassuefazione”.