Come spesso facciamo, vi segnaliamo un interessante articolo, a firma di Adriano Cattaneo del comitato NoGrazie, a proposito della terza dose di vaccino Pfizer in Israele.
Gli israeliani sono stati i primi ad applicare la terza dose di vaccino anti Covid19, in maggioranza vaccino Pfizer, e sono i primi anche a valutarne l’efficacia. Un primo studio di coorte riguarda quasi 4,7 milioni di individui maggiori di 16 anni che avevano ricevuto la seconda dose almeno 5 mesi prima.[1] I dati di efficacia per la protezione da infezione, malattia lieve, grave e mortale sono stati raccolti tra la fine di luglio e il 10 ottobre 2021 comparando gli individui che avevano ricevuto la terza dose da almeno 12 giorni con quelli che non l’avevano ricevuta. In un’analisi secondaria, sono stati considerati vaccinati anche gli individui che avevano ricevuto la terza dose da tre a sette giorni prima. Il gruppo senza terza dose, circa 98 milioni di giorni-persona, ha fatto registrare 83.481 casi, 1171 casi gravi e 298 decessi; quello con la terza dose da almeno 12 giorni, circa 104 milioni di giorni-persona, 6160 casi, 175 casi gravi e 35 decessi; quelli con la terza dose da tre a sette giorni, circa 17 milioni di giorni-persona, 8880 casi, 136 casi gravi e 46 decessi. Il tasso di infezione e malattia lieve tra gli individui che avevano ricevuto la terza dose è stato 10 volte (da 9 a 17,2 volte per i vari gruppi di età, dai più giovani ai più vecchi) inferiore rispetto a chi non l’aveva ricevuta (analisi primaria). È stato inferiore di 4,9-10,8 volte anche in relazione a chi aveva ricevuto la terza dose da tre a sette giorni prima (analisi secondaria). Questo per quanto riguarda il rischio relativo. La differenza di rischio a favore di chi aveva ricevuto la terza dose, standardizzata per età, è stata compresa tra 57,0 e 89,5 casi per 100.000 giorni-persona nell’analisi primaria e tra 34,4 e 38,3 in quella secondaria. Per quanto riguarda la malattia grave, il rischio relativo nei riceventi la terza dose è stato inferiore di 17,9 volte nell’analisi primaria e di 6,5 volte in quella secondaria tra gli ultra sessantenni, e di 21,7 e 3,7 volte tra gli individui di 40-59 anni. Tra i maggiori di 60 anni, la mortalità tra chi aveva ricevuto la terza dose è stata ridotta di 14,7 nell’analisi primaria e di 4,9 volte in quella secondaria; la differenza di rischio di morte è stata di 2,1 e 0,8 per 100.000 giorni persona, rispettivamente.
Gli autori dello studio, che non dichiarano conflitti di interessi, concludono, ovviamente, che la terza dose è stata efficace, pur con le dovute differenze per età. I loro risultati sono peraltro confermati da uno studio di coorte più piccolo, condotto sempre in Israele, su quasi 850.000 individui, il 90% dei quali aveva ricevuto la terza dose.[2] In un periodo di osservazione di 54 giorni, tra quelli con la terza dose si sono registrati 65 decessi (0,16 per 100.000 giorni-persona) contro 137 (2,98 per 100.000 giorni persona) nel piccolo gruppo di controllo senza terza dose. Anche gli autori di questo studio non dichiarano conflitti di interessi. Ne dichiarano invece gli autori di un terzo studio, sempre in Israele, ma con un campione molto più piccolo di soli operatori sanitari.[3] In una coorte di 1928 individui, con età media di 44 anni (36-52), in maggioranza donne (72%), con seconda dose somministrata circa 210 giorni prima, 1650 (85,6%) hanno avuto la terza dose. Durante 39 (35-41) giorni di follow up, con tampone ogni due settimane, sono state registrate 44 infezioni (60 per 100.000 giorni-persone), di cui 31 sintomatiche: 39 (116 per 100.000) tra gli individui senza terza dose, 5 (12,8 per 100.000) tra quelli con la terza dose. Alcuni degli autori di questo studio dichiarano legami finanziari con Pfizer.
Tutto bene? In parte sì, evidentemente. Ma gli autori di due editoriali che accompagnano gli articoli fanno notare alcuni problemi.[4,5] Innanzitutto il periodo di osservazione breve: quanto a lungo durerà la protezione dimostrata in questi studi? In secondo luogo il fatto che gli articoli non forniscono dati sulla protezione contro le infezioni asintomatiche, e quindi la trasmissione. Ci potrebbero essere poi, trattandosi di studi di coorte non randomizzati, dei fattori di confusione, soprattutto comportamentali, non presi in considerazione che potrebbero distorcere i risultati. Infine, gli studi sono stati fatti quando a prevalere era la variante Delta, ormai spazzata via dalla Omicron: si avrebbero gli stessi risultati con quest’ultima?
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1. Bar-On YM et al. Protection against Covid-19 by BNT162b2 booster across age groups. NEJM 2021;385:2421-30
2. Arbel R et al. BNT162b2 vaccine booster and mortality due to Covid-19. NEJM 2021;385:2413-20
3. Spitzer A et al. Association of a third dose of BNT162b2 vaccine with incidence of SARS-CoV-2 infection among health care workers in Israel. JAMA Published online January 10, 2022
4. Patel MK. Booster doses and prioritizing lives saved. NEJM 2021;385:26
5. Wald A. Booster vaccination to reduce SARS-CoV-2 transmission and infection. JAMA Published online January 10, 2022