Nei giorni passati il prof. Garattini ha sentenziato che per comprendere i metodi terapeutici bisogna sempre ricordare che la salute è prima di tutto un grande mercato e che gli interessi economici sottostanti sono rilevanti.
Come medici omeopati, laureati nelle università italiane e che volontariamente hanno deciso di adottare anche un metodo terapeutico diverso da quello che abbiamo appreso dall’accademia, cogliamo l’occasione per ribadire che siamo pienamente d’accordo, anche se siamo stati oggetto di critiche pesanti da parte dello stesso prof. Garattini. Tali interessi economici condizionano e hanno condizionato l’informazione nonché il contenuto di libri e di articoli di divulgazione al punto che i detrattori, a partire da Garattini, si son sempre ben guardati dal riportare evidenze sperimentali che inconfutabilmente li contraddicono. Anche perché sarebbe imbarazzante per loro spiegare perché soluzioni, che a loro dire non contengono niente, riescano a influenzare l’espressione genica del DNA, diano origine a immagini di diffrazione in microscopia elettronica o modifichino le catene peptidiche delle citochine per inibire le interazioni con il recettore.
Così come tutti sembrano aver dimenticato che alla fine degli anni venti Hugo Schulz, scopritore di quella che oggi si chiama ormesi, che lui incautamente utilizzò per spiegare l’omeopatia, fu candidato più volte al Nobel, che gli fu negato per l’opposizione dell’industria farmaceutica, e come le sue scoperte siano state opportunamente ibernate per quasi un secolo, anche se oggi sono ampiamente menzionate dai testi di farmacologia.
Perché al mondo esistono 600 milioni di persone che utilizzano l’omeopatia e questo mercato fa gola. Ora se l’ormesi è stata correntemente adottata dalla nostra Società per spiegare l’omeopatia, è altresì vero che la terapia omeopatica ha numerosi limiti specie nelle sindromi acute ed è senza senso pensare che con tale metodologia in molti casi si possano raggiungere quei risultati che la farmacologia moderna ci ha messo a portata di mano. Ma è altresì vero che spesso si raggiungono risultati che la medicina convenzionale purtroppo non è in grado di ottenere e pertanto riteniamo opportuno utilizzare le due medicine riunendole sotto la dizione di “Medicina Integrata”.
A questo si associano le scelte purtroppo a nostro avviso infelici di alcuni colleghi, come riportato in una lettera su Repubblica di qualche giorno fa, ma non è questo motivo di fare di tutta l’erba un fascio e l’associare il concetto di pataccari a una classe di professionisti per il comportamento di un singolo è quanto meno ingiustificato e indice di mancanza di cultura degna di un poveruomo. I membri del consiglio direttivo di questa Società si sono vaccinati e nel giustificare la loro decisione si pregiano ricordare che fin dalla fondazione dell’omeopatia la vaccinazione era ritenuta l’esempio più naturale per avallare la metodologia della terapia omeopatica.
Per il Consiglio Direttivo della SIOMI (Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata)
Simonetta Bernardini
Presidente