Ogni anno in Italia circa 700 mila pazienti contraggono infezioni ospedaliere durante il periodo di degenza, che nel 10% dei casi portano al decesso. Il rischio presenta un’incidenza maggiore in soggetti come neonati e anziani, e in caso di interventi delicati.
Sono proprio le operazioni cardiochirurgiche a causare maggiori infezioni ospedaliere. Una ricerca dell’Università di Oxford ha evidenziato come negli ultimi 15 anni la situazione in questo campo non sia granché cambiata, nonostante i passi avanti fatti dalla medicina. Secondo l’analisi effettuata dai ricercatori, a un anno dal ricovero, in termini assoluti, l’incidenza della mortalità dovuta a infezione è aumentata del 60% circa. In generale, le infezioni sono complessivamente responsabili del 13% dei decessi.
Le infezioni ospedaliere sembrano costituire il principale fattore alla base del progressivo aumento della mortalità riconducibile ai servizi sanitari per cause extra-cardiovascolari, in ambito di trattamento dei disturbi cardiaci.
Molti di questi decessi, dovuti principalmente a influenza e polmonite, potevano essere evitati attraverso l’erogazione di cure migliori e il rispetto di misure adeguate.
“Fermo restando che, quando si parla di infezioni ospedaliere, è impossibile parlare di situazioni a rischio zero, l’incidenza di mortalità che questo genere di complicazioni comporta è da considerare inaccettabile”, commenta l’Avvocato Gabriele Chiarini, esperto di malpractice sanitaria.
“In tema di responsabilità civile della Struttura Sanitaria, poiché la disciplina applicabile è quella contrattuale, le regole di giudizio stabiliscono che il paziente danneggiato da una infezione correlata all’assistenza possa limitarsi ad affermare che il contagio infettivo sia dovuto ad un profilo di colpa della Struttura. Sarà, poi, quest’ultima a dover provare e documentare di avere rispettato ogni norma e prassi di prevenzione. Una ‘probatio diabolica’ che, a dire il vero, il più delle volte l’Ospedale non riesce a dare”.
“Il tasso di incidenza di infezioni contratte in ambito ospedaliero deve spingerci a fare una riflessione più generale sul nostro Sistema Sanitario Nazionale. Nel periodo compreso tra il 2010 e il 2019, al budget destinato a sostenere le spese del SSN sono stati sottratti circa 37 miliardi di euro, mentre il fabbisogno sanitario nazionale è aumentato di 8,8 miliardi di euro. Inoltre, nell’ultimo decennio circa, la spesa sanitaria media degli stati membri dell’Unione Europea è passata dal 6,7% al 7% del P.I.L., con Danimarca (8,4%) e Francia (8%) in testa. In Italia, invece, è avvenuto l’opposto, passando dal 7% al 6,8%.”