Certo, in italiano la ‘Giornata del cavolo’ non suona bene ma negli USA l’hanno da poco istituita: è il “National Kale Day”. Un cavolo, sì, ma nello specifico quello che noi chiamiamo cavolo riccio. Perché? Che cos’ha di particolare?
Tutte le Brassicaceae o Crocifere possono contare su notevoli proprietà nutrizionali. Ma questa pianta, in particolare, con le sue tante varietà, è considerata da alcuni un vero e proprio superfood, sebbene non arrivi da paesi esotici (la pianta sembra originaria del sud-Europa, ma variamente modificata nel tempo).
Da noi è ben conosciuta la varietà toscana, il cavolo nero (quello della ‘ribollita’): per gli americani è il “dino-kale” perché, secondo loro, ricorderebbe la pelle rugosa di un dinosauro. Un po’ di storia:
http://www.vegolosi.it/news/kale-storia-della-verdura-piu-mangiata-dai-newyorchesi/
Ma veniamo alle caratteristiche nutrizionali. Perché questa Brassicacea, imparentata ai broccoli e alle rape, è ora così portata dai media e di moda nei locali che si ispirano alla ‘cucina naturale”? Ricapitoliamo:
– Ottima fonte di calcio, più biodisponibile rispetto alla sorgente-latte. A differenza degli spinaci, anche loro ricchi di calcio, il cavolo riccio non contiene ossalati che ne limitano l’assorbimento (consiglio: per migliorare l’assorbimento usate qualche goccia di limone). Buono il contributo anche in termini di ferro e persino in proteine (i soliti esagerati la chiamano la ‘bistecca-pianta’).
– Contiene sulforafani e kaempferolo, dotati di proprietà preventive sui tumori. A questi composti, su cui si concentra tuttora la ricerca, aggiungete un’ampia gamma di carotenoidi.
– Una sola tazza di cavolo riccio supera ampiamente le dosi giornaliere raccomandate di vitamina C (134%), vitamina A (200%) e vitamina K (600%). Ricco anche in fibre, folati e altre vitamine del gruppo B. Tutto questo con un ridotto apporto calorico.
Un capitolo a parte riguarda gli effetti che stanno emergendo sulla funzione cerebrale.
Uno dei promotori del National Kale Day è Drew Ramsey, psichiatra della Columbia University, che sottolinea le potenzialità antidepressive di questa verdura. L’effetto sarebbe dovuto alla presenza di più composti che lavorano in sinergia e cioè:
– Acido alfa linolenico (ALA) che nel cervello viene convertito in EPA e DHA: elevati apporti di ALA si associano ad un ridotto rischio di ansia e depressione. Promettente anche nel contesto della prevenzione cardiovascolare.
– Il sulforafano, stimolando l’azione detox di alcuni enzimi, riduce l’infiammazione cerebrale. Si è visto che migliora le proprietà mnemoniche e di apprendimento nelle persone che hanno subìto danni cerebrali.
– Anche la ricchezza in folati di questa crocifera concorre in più modi alla salute del cervello. I folati, infatti, agevolano la produzione di EPA e DHA, stimolano la produzione della difensina-1 (molecola protettiva sulle cellule cerebrali) e aumentano le concentrazioni del neurotrasmettitore acetilcolina, coinvolto nei processi cognitivi e mnemonici.