Nei paesi del centro e sud America è comune tra gli studiosi l’impiego del termine cosmovisione, ad indicare una “visione del mondo” per lo più riferita alla sapienza tradizionale delle antiche tradizioni locali. Forse meno conosciuta in Occidente rispetto ad altre cosmovisioni (India, Cina), anche quella amerindiana è caratterizzata da un profondo substrato simbolico e dalla compenetrazione tra una elaborata metafisica e una notevole capacità di osservazione della natura. Ne deriva un originale modo di vedere il mondo, non privo di ricadute sulla vita delle persone.
Secondo la tradizione mesoamericana, il mondo è creato e percorso da sostanze sottili (“essenze”) di origine divina. López Austin scrive che gli antichi messicani pensavano che tali essenze o sostanze impercettibili, anime di tutto, si erano introdotte in ogni essere terrestre nel momento della creazione. I creatori dovevano a queste sostanze la propria natura. In principio c’era una dea acquatica, caotica e mostruosa, chiamata Cipáctli. Costei si divise in due. La parte superiore costituì il cielo, a carattere maschile; la parte inferiore, la terra, a carattere femminile. Quattro alberi–pilastro separarono il cielo dalla terra per evitare una possibile unione di entrambi e la ri–nascita della dea. Gli dèi superiori si unirono con quelli inferiori, commettendo peccato. Da ciò nacquero il mondo e gli esseri terrestri. Dèi, alberi e uomini sono “cammini di dèi”, spazi di circolazione di flussi o correnti divine (provenienti da Cipáctli). Secondo lo stesso Autore, il concetto mesoamericano del tempo originario spiega l’esistenza di due tipi di materia: una sottile, pressoché o completamente impercettibile, e un’altra greggia, pesante, densa, sensorialmente percettibile. Tutti gli esseri terrestri (animali, vegetali, minerali) sono formati da questi due tipi di materia–sostanza. L’essere umano sarebbe costituito da materia densa ed anima, o anime, della stessa natura degli dèi, dato che egli proviene dal flusso originale della creazione. E quindi una parte dell’essere umano è divina.
La cosmovisione dei popoli originari mesoamericani possiede caratteri essenziali comuni. La caratteristica peculiare, di eco est–asiatica (e che secondo alcuni insigni Autori comproverebbe la derivazione etnica delle genti mesoamericane) è la contemplazione dell’interdipendenza degli opposti e dell’equilibrio che essi originano. Altra caratteristica importante è l’affermazione della ciclicità eventualmente rinnovatrice degli eventi: a breve o lungo termine, ogni accadimento nasce e si conclude; però, quando esso è sostenuto da un’azione benevola, la volta successiva è capace di migliorare. Una terza caratteristica è la credenza nell’influenza reciproca delle azioni umane e celesti (cosmico–calendariche e divine), la cosiddetta “relazione microcosmo–macrocosmo”: Uomo e Universo sono connessi da una mutua attrazione grazie alla quale i pensieri e le azioni umane si ripercuotono sull’universo allo stesso modo in cui gli astri e le divinità di quest’ultimo influiscono sull’individuo. C’è, inoltre, la notevole considerazione dell’animismo. Secondo questo, esistono forze vaghe, impalpabili, che tuttavia animano profondamente le cose, gli uomini e gli accadimenti; esse sono: il Tonalli (con principale sede nella testa, impropriamente tradotto come “anima” o “spirito” è in realtà molto di più: vibrante vitalità, divina energia), il Teyolía (nel cuore) e l’Ihíyotl (nel fegato).
Altre caratteristiche della weltanschauung mesoamericana sono la visione di un universo diviso in tre parti: cielo, terra e inframondo (mondo ctonio); poi, darsi la possibilità di comunicare con le divinità tramite l’uso delle piante psicotrope (enteogene). Infine la credenza dell’influenza del calendario sugli accadimenti umani, secondo la regolazione del flusso delle forze animiche da parte del mondo superiore verso il nostro pianeta attraverso un perno centrale (axis mundi, generalmente rappresentato dall’albero cosmico come la ceiba o il mais) e i quattro punti cardinali delle Terra.
Dal principio basilare duale deriva il concetto di tutte le cose nella tradizione mesoamericana.
(Francesco Di Ludovico)