Noi le calpestiamo e non ci accorgiamo nemmeno di loro. Non così i nostriavi, per i quali le piante spontanee dei campi rappresentavano un validoaiuto per l’alimentazione e la medicina. Una di queste erbacce (oggi lechiamano “infestanti”) è la piantaggine: ha una storia interessante da raccontare.Si trova in tutto il mondo, e in abbondanza anche nei nostri prati. Questa piantaforma rosette di foglie aderenti al terreno: inutile falciare, la piantaggine sfuggealla lama. Inoltre, è molto più resistente delle altre al calpestìo. La riconosceteper le foglie a forma di lancia con cinque nervature: quando è il momento mandauno stelo con una spiga all’apice che produce un’infiorescenza. L’avrete vistacentinaia di volte…basta farci caso.Forse per queste sue doti di resistenza, negli antichi erborari venivadenominata “La madre delle piante”. La piantaggine era considerata un’erbasolare, legata al solstizio d’estate, proprio come l’iperico, anche detto “erbadi San Giovanni”: il cristianesimo dedicò a san Giovanni il giorno in cui, datempo immemorabile, si celebrava il solstizio con un grande falò. Alla vigilia delsolstizio le ragazze usavano la piantaggine per avere sogni e responsi sulla lorofutura vita amorosa.Ma soprattutto, questa “erbaccia” veniva utilizzata per curare ferite e contusioni.E infatti la piantaggine è ricca di tannini, di cui è noto il potere cicatrizzante eanti-infiammatorio. Nei moderni trattati di fitoterapia, la pianta viene citata perle sue attività cicatrizzanti sulle ferite ma anche per le proprietà anti-allergiche,contro gli eczemi e la congiuntivite. Un possibile impiego è quello di fare “untrito” di foglie di piantaggine per applicazioni sulla pelle arrossata e pruriginosa.Infine, le foglie si possono consumare in insalata cruda oppure anche cotte:il sapore ricorda quello dei funghi. Le foglie sono disponibili tutto l’anno e inpassato hanno rappresentato un’importante fonte di nutrimento nei momenti dicarestia.