Accanto all’elleboro, è spuntata la primula: nessuno l’aveva piantata. Queste piantine, bellissime, colorate e confortanti, hanno anche un impiego fitoterapeutico, conosciuto da millenni.
Quando domina il gelo, e gli insetti dormono, e tutta la vita vegetativa attende la prossima primavera, un fiore decide di apparire: è la primula. La prima messaggera della prossima fioritura, quando nessuno ancora ci pensa. Lei è una delle prime, basta una giornata di tregua dal freddo, una corrente d’aria calda. Ci ricorda che la vita prosegue, anche nel cuore dell’inverno.
Ci sono le primule coltivate nelle serre e quelle selvatiche, forse la mia è “scappata” da una serra, ma eccola lì in tutta la bellezza del suo colore giallo paglierino. Ne esistono di tantissime specie: una delle più comuni, Primula veris, è citata nei manuali di fitoterapia come mucolitico. Può essere una coincidenza ma la natura rende disponibile un fiore per curare la tipica malattia invernale: raffreddori persistenti, catarri, costipazioni dei bronchi.
Non è del resto l’unico caso. Pensate all’acido acetilsalicilico (sì, l’aspirina). Deriva dalla corteccia del salice, e il salice popola anche gli acquitrini, dove era endemica la malaria, con le sue febbri. La corteccia del salice, come oggi l’aspirina, era usata per lenire la febbre.
Primula veris contiene saponine, e altre sostanze antinfiammatorie, ed è utile come espettorante, aiuta a riposare almeno di notte quando siamo stesi dall’infezione respiratoria. Fluidifica il muco, liberando le vie respiratorie ostruite. Con un leggero effetto calmante che possiamo ottenere consumando la tisana.
In genere della Primula veris si usano i rizomi che hanno un leggero sapore d’anice. Se ne facevano sciroppi o si preparavano infusi e impacchi. Sono state apprezzate anche le foglie dotate di azione antinfiammatoria per artriti e gotte.
In passato, le primule erano molto popolari. Alcuni le consideravano dotate di potere talismanico e portatrici di giovinezza. Hanno avuto persino un uso culinario. I fiori essiccati di Primula comune (vulgaris), lasciati a macerare al sole nel vino bianco, davano “il vino di primula”, che si riteneva utile per i disturbi della circolazione; servivano inoltre a profumare la birra o a preparare dolcetti canditi e marmellate. Non è una cattiva idea quella di guarnire i nostri piatti con i petali di questo amabile fiore.