Terapia ormonale sostitutiva in menopausa?

La terapia ormonale sostitutiva (TOS) si invocava per prevenire malattie croniche in post menopausa, ma ricerche valide ne hanno dimostrato seri effetti avversi. Ora è indicata a dosi e per tempi minori se i sintomi menopausali limitano la qualità di vita. Nuove
raccomandazioni ne ridurranno l’uso?

di ALBERTO DONZELLI

Per molto tempo ricerche di disegno inadeguato han fatto credere che la terapia ormonale sostitutiva in menopausa garantisse miglior salute con meno fratture, danni cardiovascolari, declino cognitivo e mortalità. La protezione cardiovascolare sembrava persino maggiore nelle donne cardiopatiche. Anche ricerche più valide (cioè randomizzate controllate), ma solo su parametri di laboratorio, hanno contribuito all’equivoco, perché la TOS riduce i livelli di colesterolo e aumenta quello buono o HDL. Così si è diffuso l’entusiasmo per la TOS. Il primo studio pubblicato su donne cardiopatiche ha però messo in dubbio i benefici cardiovascolari degli estrogeni. In seguito il grande studio su donne senza malattie cardiovascolari ha chiarito che non le può prevenire, dimostrando
anzi un eccesso di rischi che ha fatto interrompere lo studio prima del termine prestabilito. Infatti c’è stata una riduzione significativa di fratture, ma assenza di protezione cardiaca e più rischi di ictus e di demenza (con estroprogestinici). Altri studi hanno confermato l’inefficacia preventiva cardiovascolare degli estrogeni, che oggi non si raccomandano più neppure per prevenire osteoporosi e fratture, preferendo terapie con pari efficacia e meno effetti avversi. In pratica, miglioramenti in alcuni esami di laboratorio spesso non si traducono in vera prevenzione.

LA POSIZIONE DELL’US PREVENTIVE SERVICES TASK FORCE

L’USPSTF è un’agenzia indipendente statunitense, leader mondiale in tema di prevenzione e cure primarie, che formula raccomandazioni su interventi preventivi. Nel 2018, dopo una nuova revisione di tutte le prove disponibili, ha riconfermato un giudizio negativo: grado D per la prevenzione di condizioni croniche. Ecco le motivazioni.

BENEFICI DELLA TOS PREVENTIVA

TOS con estrogeni+progestinici (estroprogestinica): prove convincenti di moderato beneficio nel ridurre fratture in postmenopausa, e prove adeguate di un piccolo beneficio nel ridurre il rischio di diabete.

TOS con soli estrogeni (limitata a donne senza più utero, per evitare forti aumenti di cancri al corpo dell’utero): prove convincenti
di beneficio moderato nel ridurre fratture; prove adeguate di beneficio moderato nel ridurre il rischio di cancro al seno invasivo (a) e di un piccolo beneficio nel ridurre il rischio di diabete. Prove convincenti di assenza di benefici per il cuore.

DANNI DELLA TOS PREVENTIVA

TOS estroprogestinica: prove convincenti di danni moderati, che includono aumento di cancro al seno invasivo e di tromboembolismo venoso (TEV), e un danno da piccolo a moderato per aumentato rischio di malattia coronarica. Anche prove adeguate di
altri danni moderati, come aumentato rischio di ictus, demenza, malattia colecistica e incontinenza urinaria.

TOS con soli estrogeni: prove adeguate di associazione con danni moderati, inclusi aumentato rischio di ictus, demenza, malattia colecistica, incontinenza urinaria, TEV.

Valutazione complessiva: L’USPSTF conclude con moderata certezza che la TOS estroprogestinica o con soli estrogeni non ha alcun beneficio netto nella prevenzione primaria di condizioni croniche nella maggior parte delle donne, con o senza utero.

TROPPE AMBIGUITÀ SUL RISCHIO DI CANCRO AL SENO

Dopo avere a lungo negato i rischi di cancro al seno, quando è risultato indiscutibile che la TOS li aumentava, le Società professionali, che hanno grande interesse a continuare a usarla, hanno adottato varie strategie difensive. Prima minimizzando l’aumento di rischio; poi ammettendolo, ma solo dopo cinque anni d’uso, al di sotto dei quali la TOS sarebbe sicura; ammettendo inoltre aumenti di incidenza di cancro, ma negando aumenti di mortalità, in quanto i tumori indotti da TOS risulterebbero meno letali/più benigni. In
realtà nessuno di questi argomenti ha retto alla verifica delle prove.

L’AUMENTO DI RISCHIO SAREBBE SOLO MODESTO? NO

Per confronto, lo screening mammografico riduce la mortalità per cancro al seno del 20% (c). L’aumento di mortalità per cancro al seno con TOS estroprogestinica (la più comune) è risultato più ampio: +44% nel grande RCT WHI, a 18 anni di distanza dall’inizio di una TOS praticata per circa cinque anni. L’aumento annuale di rischio di cancro al seno è comunque significativo nell’analisi combinata di tutti i RCT esistenti. Se le Società professionali trovano importante la riduzione di mortalità da cancro al seno grazie allo screening mammografico, devono ammettere che, all’opposto, l’aumento di mortalità causato dalla TOS è più importante.

TOS SICURA PER IL SENO NEI PRIMI CINQUE ANNI? NO!

L’assenza di eccesso di rischio nei primi anni dei studi eseguiti ha prodotto errori interpretativi. Un errore è banale: anche se in molti studi l’eccesso di rischio era
statisticamente significativo solo per trattamenti più lunghi di cinque anni, l’assenza di significatività statistica per periodi inferiori non è prova di innocuità. Un altro errore, meno banale, è che i medici negli studi randomizzati prima di avviare alla TOS esaminano il seno e prescrivono una mammografia, per cui eventuali tumori presenti ma non rilevabili clinicamente si diagnosticano in anticipo e a queste donne non si dà la TOS. Quindi nei primi anni di TOS ci saranno meno tumori di quanti ci si sarebbe atteso senza questi
filtri. Dato che la TOS accelera lo sviluppo di tumori presenti ma destinati a manifestarsi in
seguito, o a non svilupparsi affatto in assenza di stimoli ormonali esterni, l’esclusione dai RCT di donne con questi tumori azzera la situazione, e occorrono anni perché nelle donne reclutate in queste ricerche si formino nuovi tumori. Di conseguenza, su questo punto danno informazioni più valide altre ricerche (di coorte prospettiche), dove chi riceve una TOS mostra eccessi di tumori al seno già a partire dal primo anno.

CANCRI INDOTTI DA TOS HANNO PROGNOSI MIGLIORE? NO

Al contrario, il monitoraggio a lungo termine dello studio ha mostrato che i casi di cancro al seno nel gruppo con TOS estroprogestinica si diagnosticavano in stadi più avanzati, con prognosi in tendenza peggiore.

LA TOS MIGLIORA LA QUALITÀ DI VITA COMPLESSIVA? NO!

Lo studio WHI ha anche dimostrato che, se medici e donne ignorano se stanno ricevendo
TOS o placebo, le donne assegnate a TOS non avevano migliori risultati su: salute generale,
vitalità, salute mentale, sintomi depressivi, soddisfazione sessuale. Dopo un anno, c’è
stato un effetto statisticamente significativo ma clinicamente irrilevante su disturbi del sonno (-2% rispetto al placebo), funzionamento fisico (+0,8%) e dolore (1,9%). A tre anni non si rilevavano più benefici di alcun genere. Le conclusioni della ricerca sono state: “nessun effetto di rilievo clinico sulla qualità di vita correlata alla salute”. I ginecologi non si sono arresi, sostenendo che le donne di WHI erano in menopausa da parecchi anni e senza sintomi menopausali (ma non è esatto!). Invece, anche nel sottogruppo di donne più giovani, di 50-54 anni, quasi 600 avevano in partenza sintomi da
moderati a gravi, ma non hanno avuto benefici, salvo una minima riduzione di disturbi del
sonno. Questo vale anche per il gruppo con soli estrogeni: in una successiva pubblicazione su WHI le donne di 50-54 anni con sintomi moderati o gravi in partenza hanno avuto nel primo anno minimi benefici su disturbi del sonno e funzionamento sociale, che però non persistevano al terzo anno. Alla voce del questionario “Cambiamenti nella salute generale” hanno risposto “Va molto meglio ora” il 5,2% delle donne nel gruppo estrogeni, il
12,7% nel gruppo placebo; e “In qualche misura va meglio ora” il 18% nel gruppo estrogeni e il 26% nel gruppo placebo. Alcuni ginecologi hanno sostenuto che l’obiettivo primario di WHI non era valutare la qualità di vita con la TOS. Si può dunque considerare lo studio WISDOM, disegnato proprio per misurare la qualità di vita su migliaia di donne con utero, dai 50 anni in su. A un anno si sono avuti miglioramenti significativi ma piccoli in tre delle nove componenti del questionario: vampate di calore, disturbi del sonno e secchezza vaginale, senza variazioni negli altri sintomi menopausali, né nella qualità di vita
complessiva. Le conclusioni degli autori: “La TOS estroprogestinica può (“can” in lingua inglese) migliorare la qualità di vita”, sono sconcertanti per chi abbia consultato i dati. Infatti, in qualsiasi momento di rilevazione prestabilito la qualità di vita complessiva (certo il parametro di maggior interesse per le donne) è risultata un po’ migliore nel gruppo placebo. È scandaloso che tali risultati non siano stati disseminati, anzi che
risultino travisati nell’abstract e nelle sue conclusioni, cioè nella sezione di un articolo scientifico che la maggior parte dei medici e dei media va (nel caso) a consultare. Come mai un vantaggio significativo, sia pur minuscolo, su disturbi vasomotori e altri due sintomi menopausali, si è tradotto in qualità di vita nel complesso peggiore? La verosimile risposta è che, pur riducendosi un poco vampate di calore, sudorazioni notturne, secchezza vaginale e dolore/rigidità articolare, aumentano all’opposto tensione mammaria, perdite vaginali, sanguinamenti uterini e incontinenza urinaria. Solo informazioni complete possono
permettere a una donna di valutare ciò che più conta per lei.

SINTOMI ALLA CESSAZIONE DELLA TOS

Un risultato del tutto oscurato dalla narrazione sulla TOS, benché chiarito dal grande studio
WHI, è che alla cessazione (dopo ~5 anni) della TOS estroprogestinica sono ripresi i sintomi vasomotori (rilevati a ~10 mesi dall’interruzione) in un numero molto maggiore di donne che avevano assunto TOS rispetto a quelle del gruppo placebo. Tra chi presentava tali sintomi alla partenza, una ripresa moderata o grave si è verificata nel 55% delle trattate con TOS e nel 21% delle trattate con placebo. Tra queste ultime, all’interruzione il 60% non ha presentato alcun sintomo, mentre solo 1/3 circa delle donne trattate con TOS non ha presentato sintomi. Tra le donne che avevano in partenza solo sintomi lievi o nessuno, alla cessazione quelle trattate con TOS avevano una probabilità sette volte maggiore di avere sintomi rispetto alle altre. Questo problema si è riproposto nel WHI con soli estrogeni: alla rilevazione dopo ~10 mesi dall’interruzione, tra le donne che non avevano sintomi vasomotori moderati o gravi in partenza (che erano la maggioranza) quelle assegnate a estrogeni avevano cinque volte più probabilità di riportare sintomi. Inoltre dolore e rigidità articolari, che si erano un po’ ridotti (-5 punti %) durante il trattamento estrogenico, hanno avuto un completo ribaltamento all’interruzione: +5,4 punti % rispetto a chi aveva ricevuto placebo.

SINTOMI MENOPAUSALI: ALTERNATIVE SENZA FARMACI

Revisioni sistematiche di ricerche valide dimostrano che sulle vampate di calore la
TOS è più efficace di altri interventi, ma che anche questi, come pure un placebo, riducono
le vampate del 40-60%, cioè in misura che le rende tollerabili a gran parte delle donne.
Per esempio una revisione di ricerche su cibi a base di soia ha concluso: “nell’insieme
l’aggiunta di cibi o bevande di soia non mostra benefici sui sintomi menopausali”. Ma la formulazione non è corretta, in quanto, pur non facendo meglio del placebo, hanno
dato un miglioramento medio del 42% rispetto alla partenza. Meglio ancora, vi sono prove
che le proteine di soia sono più efficaci del placebo sui sintomi menopausali, purché la dose contenuta in ~60 g di semi di soia tostati sia frazionata in 3-4 assunzioni al giorno (dato che gli effetti utili si attenuano in poche ore). Dunque, oltre a una salutare dieta mediterranea/ basata su vegetali, già da sola in grado di ridurre i sintomi menopausali, si può assumere la suddetta dose di soia con convinzione e fiducia, anche per i suoi benefici accertati su livelli di colesterolo, pressione arteriosa, sindrome metabolica, e per quelli possibili nel prevenire fratture e cancro al seno. Si può praticare con fiducia per almeno 30’ al dì anche un’attività fisica moderata, di cui uno studio randomizzato ha mostrato effetti superiori al placebo sulla qualità di vita in menopausa, e che comunque riduce malattie e mortalità. Infine va preso atto delle preferenze espresse da moltissime donne per interventi non farmacologici (ragionevolmente sicuri o salutari) e dell’efficacia pratica percepita dalla maggior parte delle utilizzatrici.

TRATTAMENTI LOCALI PER SINTOMI VULVOVAGINALI

Quasi metà delle donne in postmenopausa ha sintomi fastidiosi a vulva e vagina; le cure
usuali sono idratanti locali o compresse vaginali di estradiolo. Uno studio le ha confrontate
con un gel placebo per tre mesi in 300 donne sessualmente attive con dolori nei rapporti e/o secchezza vaginale. Gli interventi, di accettabilità eccellente, sono risultati di efficacia simile, compreso il placebo. Fino a prova contraria si può dunque scegliere il più economico idratante o lubrificante da banco.

CONCLUSIONE

La TOS ha un bilancio sfavorevole nel prevenire malattie croniche, e non è una prima scelta razionale nè risolutiva, neppure per molti sintomi meno-pausali. Le donne dovrebbero essere informate sui rischi e su alternative utili e salutari.

Articolo completo con approfondimenti e bibliografia nel N° 119 – L’Altra Medicina