Anche se l’attività fisica è generalmente un’ottima strategia per migliorare il rischio di cefalea, l’emicrania è una patologia di cui spesso soffre il corridore. Il mal di testa può dipendere da diversi fattori; generalmente è preceduta da sintomi come stanchezza, irritabilità, concentrazione ridotta, scarso appetito, nausea, fonofobia e fotofobia.
La fisiopatologia dell’attacco di emicrania coinvolge la via di segnalazione nocicettiva del sistema trigeminovascolare, provocando il rilascio di mediatori nervosi in grado di provocare infiammazione nel sistema vascolare cerebrale, nelle meningi e nella regione orbitale. In sostanza si innesca un circolo vizioso tra sistemi di segnale che porta alla sensazione di dolore crescente con lo scopo di indurre un obbligato riposo.
Interpretare il mal di testa in questo modo è il primo passo per capire come risolverlo.
Le cause del mal di testa: tante e diverse
Da un punto di vista fisico, esiste il mal di testa da cattiva digestione, da eccesso di sforzo, da eccesso di risposta vascolare ai stimoli esterni, da sbalzi pressori, da dolori vertebrali cervicali, da cattiva qualità del sonno e da abuso di farmaci.
Da non sottovalutare anche le cause psichiche, come un elevato livello di stress per un tempo prolungato, o una predisposizione all’irascibilità e all’instabilità emotiva, che creano una dominanza biochimica legata a cortisolo e adrenalina, che con il loro effetto vasocostrittivo sono potenti generatori di emicrania.
Un medico attento deve imparare a leggere i segnali del corpo e agire di conseguenza: con il riposo, con la psicoterapia per ridurre un temperamento sanguigno, o con regole di stile di vita che consentano una digestione migliore. L’approccio soppressivo, che cerca di mettere a tacere i segnali del corpo con un farmaco, non può che essere fallimentare.
Alimentazione e mal di testa
L’alimentazione è legata al mal di testa perché uno stato infiammatorio diffuso e cronico può esacerbare le risposte di vasocostrizione e vasodilatazione sanguigna, generando flussi da e verso il cervello in grado di generare dolore e disagio. Uno stato infiammatorio prolungato altera equilibri ormonali (tipico il mal di testa “da ciclo”, che è però sempre dovuto alla concomitanza del periodo più sensibile con altri fattori di disturbo).
Si può ridurre questo stato infiammatorio con un’intelligente rotazione alimentare basata sullo studio dei sovraccarichi alimentari di glutine, latticini, nichel, lieviti, sale. Anche altri squilibri nutrizionali, però, possono generare emicrania, soprattutto se consideriamo la confusione mediatica su longevità, cancro, digiuni e restrizione calorica che sembra promettere “rigenerazione cellulare” a fronte di un impoverimento nutrizionale dannoso per tutti gli assi metabolici più importanti, incluso quello della leptina. Il fatto che il dialogo fra insulina, glucagone e leptina sia alterato nei pazienti emicranici è un dato appurato.
Il ruolo degli ormoni coinvolti nel metabolismo glucidico nella fisiopatologia dell’emicrania dimostra ancora una volta come prendersi cura della propria alimentazione possa diventare una carta vincente anche nel trattamento di un disordine neurologico. Tutti i pazienti predisposti a manifestare attacchi di emicrania dovrebbero – prima di ricorrere a una terapia farmacologica – prestare una particolare attenzione alla propria alimentazione, nutrendosi correttamente e assicurandosi che l’attivazione del segnale di normocaloricità trasmesso dalla leptina sia pronto a inibire l’insorgenza della cefalea.
Attività fisica e sonno, due fattori fondamentali
L’attività fisica procura innegabili benefici fisici e soprattutto mentali sull’organismo, come stimolare l’attività metabolica e favorire il controllo del peso. Se associata a un’alimentazione sana, una regolare attività fisica migliora anche la qualità del sonno, che aiuta a regolare il metabolismo celebrale e ormonale.
L’alternanza nelle fasi di sonno leggero e sonno profondo è molto importante per il rilassamento, per ridurre le tensioni muscolari e per attivare il sistema immunitario. Gli ormoni dello stress (cortisolo, adrenalina, noradrenalina) conoscono un fisiologico abbassamento a fine giornata, ma in situazioni particolari di tensione i loro livelli ematici possono rimanere alti, stimolando il cervello a restare sveglio. Un buon modo per bilanciare correttamente il livello di questi ormoni è svolgere appunto una regolare attività. Già dopo pochi minuti di attività fisica le quote di cortisolo, adrenalina e noradrenalina si abbassano, consentendo così all’organismo di reagire positivamente al rilassamento e conciliando il riposo.
Cosa succede se lo sforzo fisico è eccessivo?
Il mal di testa che insorge alcune ore dopo una corsa molto impegnativa (o altro sforzo intenso) è un chiaro segnale di uno sforzo che ha ecceduto le nostre naturali capacità di recupero. È il nostro corpo che cerca di fermarci per farci recuperare le nostre forze.
In caso di emicrania frequente post sforzo, si può provare a fare per un mese solo allenamenti leggeri e variati, e i sintomi spariranno o quasi. Una volta ritrovato l’equilibrio, si potrà gradualmente fare ricrescere il carico. Se tornerà il mal di testa, vorrà dire che si è nuovamente superato il proprio limite organico.
I motivi del mal di testa da sforzo sono quasi sempre legati alle alterazioni interne connesse con la secrezione di catecolamine e cortisolo (e con lo stato infiammatorio generale), che possono modificare temporaneamente gli equilibri elettrolitici del sodio e del potassio, che a loro volta possono indurre temporanee vasocostrizioni o vasodilatazioni nelle arterie cerebrali.
Il fenomeno è transitorio, e richiede semplicemente di “calmare le acque”: riposando, mangiando leggero, o magari coricandosi presto per una sera. Una notte di riposo è di solito sufficiente per risvegliarsi al mattino dopo “come nuovi”. Aggredire il disagio con farmaci antidolorifici può invece solo peggiorare le cose, inducendo ulteriori effetti a catena.