Quando si parla di “buona postura”, o di “postura corretta”, molto spesso ci si riferisce a qualcosa legato a dei canoni estetici. Per cui una buona postura per molti significherebbe “stare dritti”, o tenere
“il petto in fuori e la pancia in dentro”, o altre simili espressioni.
Una volta si educava la postura con i libri in testa. Probabilmente è
un’idea un po’ retrò, ma ciò che permane nell’immaginario collettivo è che una persona che ha una buona postura è una sorta di bella statuina. La parola stessa postura indica una certa immobilità, e raramente viene usata in relazione alle azioni
da compiere.
Articolo tratto dal N° 143 – L’Altra Medicina
UN’IDEA POCO UTILE
Chi si approccia alla questione da un punto di vista prevalentemente estetico incorre in diversi aspetti sconvenienti, vediamone alcuni.
1) Se la buona postura è un’immagine che diamo di noi stessi, allora è come un’etichetta, cioè qualcosa che possiamo togliere quando facciamo altro, come si fa con un abito. In questo senso avere una buona postura sarebbe simile a stare in posa per
fare una foto.
2) Inoltre è un’idea che non ha alcuna relazione col movimento e le sue qualità. A che serve sembrare un David di Michelangelo se poi si ha difficoltà ad infilare un calzino?
Se pensiamo in termini di buona o cattiva postura allora ragioniamo come un interruttore. Conosciamo solo due aspetti: ON/OFF, buono o cattivo, giusto o sbagliato. È un modo di vedere le cose che ci fa sentire a posto se ci diciamo davanti allo specchio che abbiamo una buona postura, oppure in difetto se la nostra postura non ci piace. Questo modo di pensare ci conduce all’idea che la cattiva postura sia da correggere, come qualcosa da riparare, che è un modo limitante di affrontare un processo di cambiamento. Inoltre parlare di giusto/sbagliato o buono/cattivo
sembra un puro esercizio di idee, quasi qualcosa di astratto, che non tiene conto di come siamo fatti.
COSA POTREBBE MAI VOLER DIRE “STAI DRITTO” ALLA LUCE DI CIÒ CHE VEDIAMO?
Esistono persone che hanno perso le curve scheletriche e quindi si trovano ad avere una schiena “drittissima” dal bacino alla testa, con conseguenze molto spiacevoli per la loro mobilità e comodità.
C’è chi a vederle dall’esterno potrebbe pensare che abbiano una buona postura, ma dal punto di vista funzionale non è così.
In sostanza, parlare di buona postura riferendosi solo a canoni estetici è qualcosa che non tiene in conto la nostra comodità e il sentirsi a proprio agio nello spazio. Non mette noi stessi al centro ma vi pone un ideale di come dovremmo essere.
ALLORA CHE COS’È UNA BUONA POSTURA?
La buona postura è quindi qualcosa che ha a che fare con l’azione. Non esiste una posizione completamente statica: quando stiamo seduti o stiamo in piedi creiamo delle oscillazioni impercettibili, e per stare eretti abbiamo bisogno del contributo attivo della muscolatura tonica o posturale che mantiene l’allineamento scheletrico. La buona postura ha a che fare con tutta la nostra
persona sia che camminiamo, sia che stiamo seduti o in piedi, sia che dormiamo o corriamo. Sia che siamo felici, arrabbiati o tristi.
A prescindere dall’azione che stiamo compiendo, avere una buona postura è innanzitutto sinonimo di comodità, con la sensazione di stare a proprio agio. Ha a che fare con versatilità e prontezza, cioè la capacità di cambiare azione in modo repentino se le circostanze lo richiedono, o di intraprendere una nuova azione senza doversi prima preparare. Potremmo quindi definirla uno stato neutro.
Avere una “buona postura” permette di sentirsi leggeri, ma anche di avere una sensazione di interezza, di percepire l’intero sé durante le azioni che si compiono.
Buona postura è anche eleganza: quando qualcuno si muove in maniera efficiente ha un portamento leggiadro, dall’esterno sembra che compia ogni azione con facilità, tutti gli aspetti del movimento sono collegati tra loro.
Chi ha una “buona postura” insomma è bene organizzato per eseguire i movimenti che desidera, usa il suo sistema muscolo-scheletrico nel modo più efficiente possibile, e il risultato estetico di avere un buon allineamento scheletrico è una conseguenza
di questa buona organizzazione. La buona postura ci permette di fare quello che vogliamo fare nel modo in cui preferiamo. È parte
di un processo, non è un obiettivo da raggiungere.
LA CONSAPEVOLEZZA
In tutto ciò che ci riguarda, non possiamo fare bene qualcosa senza sapere cosa stiamo facendo. Non possiamo essere dei buoni giocatori di scacchi, senza averne la più pallida idea, non possiamo cucinare un buon piatto senza sapere cosa facciamo, non possiamo fare un buon gesto atletico senza averlo preparato prima. Eppure, per quanto riguarda la nostra postura, spesso ci limitiamo a descriverla come corretta o scorretta, o buona o cattiva, e ci adoperiamo per migliorarla a suon di esercizi che talvolta non ci
aiutano a comprendere perché la nostra postura non ci piace o cosa c’è bisogno di fare per migliorarla. C’è infatti una componente fondamentale per parlare di buona postura che spesso non viene considerata: la consapevolezza corporea.
Per avere una postura soddisfacente, abbiamo bisogno di percepire il nostro corpo, di percepire lo scheletro e la disposizione delle ossa, di sentire l’interazione tra la posizione delle varie parti del
corpo e la forza di gravità. Altrimenti come potremmo fare bene qualcosa col corpo senza averne coscienza?
COME FARE?
La percezione del nostro corpo può essere allenata, e noi possiamo svilupparne una migliore consapevolezza. Come? È più una questione di cervello che di corpo comunemente inteso.
Se comprendiamo come il sistema nervoso sviluppa la funzione motoria, abbiamo più facilità per migliorare l’organizzazione posturale. Occorre utilizzare la capacità del nostro cervello di arricchire le mappe legate al movimento di determinate aree corporee. Il nostro sistema nervoso crea maggiore ricchezza di informazioni a seconda di come dirigiamo l’attenzione: quindi abbiamo bisogno di rivolgere quanto più spesso riusciamo la nostra attenzione al corpo, allo scheletro, con l’intenzione anche di arrivare a percepire singole ossa che di solito ignoriamo. Inoltre il nostro cervello migliora la coordinazione muscolare se sleghiamo il movimento dallo scopo del gesto atletico o performativo e lo eseguiamo al rallentatore, e se riduciamo le restanti attività del nostro sistema in modo da focalizzare solo quella che vogliamo migliorare.
Il modo più immediato per ridurre attività è sdraiarsi per terra e il modo migliore per migliorare il reclutamento muscolare è scegliere alcuni movimenti ed eseguirli per poco tempo e con grandissima lentezza, intervallando a pause per concedersi riposo e permettere al sistema nervoso di elaborare informazioni. Come si può intuire, non è un discorso che può essere ridotto facilmente in un breve articolo, ciononostante queste poche e semplici indicazioni preliminari possono aiutare ciascuno di noi ad orientare il proprio apprendimento motorio, qualsiasi sia l’attività fisica prediletta, e a migliorare il rapporto con la propria postura.
Paolo Mosso
Insegnante del Metodo Feldenkrais.
Paolo Mosso
Insegnante del Metodo Feldenkrais.